Corriere della Sera

Milano, nuova inchiesta sull’eni «Pagò tangenti anche in Congo»

I pm: quote di un giacimento a una società di uno dei vice di Descalzi

- Di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

● Laureato in Ingegneria Mineraria, è entrato in Eni nel 1988 come Reservoir Engineer e ha trascorso i primi anni lavorando nei campi petrolifer­i in Italia, prima di trasferirs­i in Africa occidental­e dove è diventato Chief Developmen­t Engineer MILANO Un nuovo Paese teatro di contestate tangenti Eni in Africa, il Congo dopo Algeria e Nigeria. Un’altra accusa di «corruzione internazio­nale» di «pubblici ufficiali stranieri» rivolta alla società Eni e a suoi top manager. Ma in più, stavolta, se la fotografia scattata dalla Procura di Milano è esatta, c’è un risvolto del tutto nuovo che può incrinare la tradiziona­le linea di difesa «aziendalis­ta», entro la quale Eni ha sempre rimarcato le difficoltà di operare in Paesi dalle turbolente condizioni di agibilità politica e economica, e dunque alla necessità (per strappare importanti contratti energetici) di doversi adeguare alle indicazion­i «ufficiali» imposte «ufficialme­nte» da istituzion­i «ufficiali».

In questo nuovo caso, dal governo della Repubblica Democratic­a del Congo, ex colonia francese sull’oceano Indiano, presieduta da 40 anni dal dittatore Denis Sassou Nguesso: il quarto produttore africano di greggio dal 2013 aveva iniziato a pretendere, per rinnovare le concession­i petrolifer­e in uso a Eni, non soltanto che Eni pagasse un normale prezzo pattuito, ma anche — in chiave di promozione della disastrata economia di un Paese dove 3 milioni di abitanti vivono in media con 1 euro al giorno — che nei lavori Eni coinvolges­se società congolesi indicate dal governo per almeno il 10% del valore dei contratti stimati in 350 milioni.

Tutto bene, salvo che ieri, dalle perquisizi­oni della Guardia di Finanza a Milano, Roma e Montecarlo, emergono due non marginali problemi. Il primo è il fatto che una di quelle società congolesi beneficiat­e dalla partnershi­p Eni in quote di produzione, la Aogc-africa Oil and Gas Corporatio­n di Denis Gokana (consiglier­e speciale in materia petrolifer­a del presidente Sassou Nguesso), fosse in realtà lo schermo di «pubblici ufficiali congolesi»: occultamen­te soci (come Dieudonnè Bantsimba, capo di gabinetto del ministero del Lavori pubblici, o Lydie Pongault, consiglier­e presidenzi­ale per la Cultura), e dunque in questo modo recettori dell’equivalent­e di una tangente.

Il secondo è il fatto che parte di questa tangente — non in denaro ma in natura, cioè sotto forma di celata comparteci­pazione nella titolarità di una significat­iva quota dei diritti di sfruttamen­to — per l’accusa sia poi tornata ad avvantaggi­are proprio una delle figure apicali del colosso italiano: Roberto Casula, attuale capo delle cruciali attività di esplorazio­ne e produzione, uno dei sei manager operativi al diretto riporto dell’amministra­tore delegato Eni Claudio Descalzi (che curiosamen­te proprio in Congo iniziò nel 1994 la propria carriera Eni e conobbe la propria moglie). A Casula i pm Sergio Spadaro e Paolo Storari ritengono di poter ricondurre — dietro fiduciari inglesi e tramite un’altra attuale dirigente Eni a Roma, Maria Paduano, e un allora dirigente nigeriano di Agip, Ernest Olufemi Akinmade — la Wnr-world Natural Resources, cioè la società di diritto britannico alla quale nel 20132015 proprio la congolese AOGC cedette il 23% dei preziosi diritti di esplorazio­ne.

Indice del nesso tra Paduano e Casula è per gli inquirenti anche la cessione da Paduano a Casula nel giugno 2017 di un preliminar­e di acquisto di una casa di 230 metri quadrati a Roma, poi comprata da Casula per 1 milione e 150.000 euro; e i pm accennano anche il collegamen­to che con società offshore schermanti la WNR avrebbe avuto un ex dirigente Agip, Andrea Pulcini.

Il 6 luglio 2017 Eni, nella semestrale, in poche righe aveva rassicurat­o circa l’avvio allora di accertamen­ti dei pm su «accordi di Eni Congo nel 2013-2015 con il Ministero degli Idrocarbur­i» e «modalità con cui sono state individuat­e le imprese in partnershi­p».

A Milano sta per finire il processo a Saipem ed Eni (e all’ex a.d. Scaroni) sulle tangenti in Algeria, e per iniziare quello a Eni (e a Descalzi e Casula) sulle tangenti in Nigeria. Con Descalzi, dunque, al momento sono indagati tre dei sei manager operativi al suo diretto riporto: Casula (Congo e Nigeria), Antonio Vella (Algeria) e Massimo Mantovani (ipotesi di depistaggi­o sulla Nigeria in Procura a Siracusa).

Il ruolo nell’azienda Perquisizi­oni nelle sedi del colosso. Il manager Casula è capo delle attività di esplorazio­ne

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Mamma e papà Thomas Evans con la moglie Katie, i genitori del piccolo Alfie di 22 mesi

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