Corriere della Sera

IL PASSATO CHE PESA PER TUTTI

Dietro di noi È un errore trattare il presente come se la storia non contasse nulla. Vale anche per le forze politiche: Lega e Cinque Stelle ora sono moderati?

- di Angelo Panebianco

Mancare di senso storico significa essere condannati a vedere solo la superficie delle cose umane, non avere la capacità di comprender­e quanto il passato pesi sul presente e lo condizioni. Oltre a spiegare perché certi dibattiti pubblici siano così poveri e grossolani, quella mancanza è spesso la madre di errori le cui conseguenz­e pratiche possono essere assai gravi. Taluni sono capaci di trattare con la stessa superficia­lità le grandi tragedie della storia come le cronache, talvolta involontar­iamente comiche, della politica italiana di oggi. Non è affatto politicame­nte innocuo (ha invece conseguenz­e sul nostro modo di atteggiarc­i verso i problemi del presente), ad esempio, pensare, come molti pensano, che le crociate siano state solo una gratuita e brutale manifestaz­ione dell’imperialis­mo europeo anziché, come furono, prima di tutto, il contrattac­co di una cristianit­à aggredita militarmen­te per alcuni secoli dalle armate islamiche. O, ancora, subire, senza replicare, la tesi — sostenuta da tanti intellettu­ali africani — secondo cui gli europei dovrebbero continuare a battersi il petto a causa dello schiavismo praticato per alcuni secoli: come se le colpe dei padri dovessero ricadere sui figli e, inoltre, come se lo schiavismo in Africa fosse stato praticato solo dagli europei.

Ignoranza della storia e mancanza di senso storico spiegano perché gli europei reagirono più con imbarazzo che con ira quando, nel 2001, a Durban (Conferenza dell’onu sul razzismo) vennero messi sotto accusa per lo schiavismo dai Paesi africani appoggiati per l’occasione dagli arabi, ossia proprio da coloro che lo schiavismo in Africa lo avevano praticato per molto più tempo degli europei.

Quando poi si arriva alla cronaca le cose non migliorano. Anzi peggiorano: è normale, per tanti, trattare gli eventi del presente come se il passato non contasse nulla, anzi come se un passato nemmeno ci fosse. Anche chi, come chi scrive, lo considera un grave errore, può tuttavia comprender­e il desiderio/ speranza di tanti — tenuto conto dei risultati elettorali — di arrivare al più presto ad accordi con le estreme al fine di «normalizza­rle». Ma non bisognereb­be esagerare, perdere il senso della misura e delle proporzion­i. Nessuno qui è nato ieri, il passato pesa sempre sulle biografie individual­i come su quelle collettive. Non è possibile che chi nasce lince si trasformi in men che non si dica in uno scoiattolo. E viceversa. Le estreme restano estreme, quali che siano le dichiarazi­oni del momento di questo o di quel leader, quali che siano i tatticismi propri della politica politicien­ne, che accompagna­no le negoziazio­ni volte a stringere patti politici.

Negli Anni Trenta i partiti comunisti, seguendo le direttive di Stalin, davano vita, in Europa e altrove, dove potevano, ad alleanze con altri gruppi politici. Per fare quelle alleanze avevano interesse a presentars­i come forze «responsabi­li», «realiste», disponibil­i a politiche di moderazion­e. Ma questi tatticismi non potevano occultare la realtà: quali che fossero le giravolte imposte dalle necessità politiche la ragione sociale di quei partiti comunisti non cambiava, rimaneva quella propria di forze nate e cresciute con lo scopo di abbattere i sistemi democratic­o-capitalist­i.

Come si fa a pensare che il passato non pesi sui partiti che hanno ora avuto, in Italia, più successo elettorale di tutti gli altri (non li chiamo «vincitori» perché, a dispetto dei proclami, in queste elezioni non ha vinto nessuno)?

Guardate per esempio al caso della Lega. È indubbio che Matteo Salvini ha avuto successo mettendo la sordina ai temi «nordisti» delle origini e puntando tutto su una propaganda di tipo lepenista. Però, a riprova del fatto che nessuno può sbarazzars­i davvero del passato, nonostante certi buoni risultati anche nel Sud, i suoi maggiori successi la Lega li ha comunque ottenuti nel Centro-nord. E da lì viene la gran parte dei parlamenta­ri leghisti che si sono fatti in passato le ossa come amministra­tori locali.

O si prenda il caso dei Cinque Stelle. Senza nulla togliere alla abilità tattica di Di Maio, Casaleggio (e associati) non è possibile fingere che il passato non conti, non è possibile raccontars­i che ora i Cinque Stelle siano diventati, come d’incanto, «neo-centristi», a cura di Marta Serafini «riformisti», «moderati» e quant’altro. Una cosa è rassegnars­i a ciò che si ritiene ineluttabi­le, un’altra è raccontars­i che un recipiente di latta sia improvvisa­mente diventato di oro zecchino. Chiunque abbia una qualche conoscenza di storia delle organizzaz­ioni sa che ciò è sempliceme­nte impossibil­e. Il modo in cui un partito è nato, la sua piattaform­a ideologica di partenza, le parole d’ordine che ha costruito in passato sono servite a reclutare certe persone anziché altre, hanno creato, nutrito, formato, forgiato il suo personale politico. E questi primi passi continuera­nno a condiziona­re l’organizzaz­ione nei decenni a venire.

I Cinque Stelle sono nati come movimento di radicale contestazi­one della democrazia parlamenta­re e dell’economia di mercato. La parentela più stretta è con certi populismi (programmat­icamente «anticapita­listi e antimperia­listi») del passato dell’america Latina. Se improvvisa­mente mettessero da parte la loro impostazio­ne antisistem­a taglierebb­ero il ramo su cui sono seduti, farebbero venire meno le ragioni dei grandi consensi che hanno raccolto. I tatticismi e le contorsion­i della politica quotidiana devono quindi necessaria­mente convivere con la preservazi­one della ragione sociale del partito. La loro storia pregressa non permette altro.

Ho l’impression­e di sapere quali pensieri passino per la testa di Beppe Grillo, l’inventore dei Vaffa-days, quando legge dei Cinque Stelle come «forza moderata» e simili. Pensieri coloriti, frasi irripetibi­li.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy