Quirinale pronto anche al terzo giro Ma senza mandati esplorativi
Dal blitz sul Rosatellum al Parlamento che governa, le strane idee arrivate al Colle
Ha offerto una settimana, e anche più. Poi comincerà un secondo giro di incontri, lasciandosi aperta la possibilità di un terzo sondaggio sul Colle, che condurrà ancora personalmente e senza affidare ad altri un mandato esplorativo, se gli sembrerà utile spendersi in prima persona con i partiti pur di far maturare un’intesa in grado di dare vita a un governo. Sergio Mattarella si prepara a un decongestionante weekend, in attesa che il confronto tra le forze politiche su programmi, leadership e composizione dell’esecutivo risolva lo stallo creatosi dopo il voto del 4 marzo, tra vittorie mutilate (di Lega e 5 Stelle) e traumatiche sconfitte (del Pd).
La situazione che dovrà affrontare non ha precedenti storici e ciò ha spinto nei giorni scorsi qualche suo interlocutore a fargli balenare davanti certe proposte inedite, per chiudere in fretta la partita o per rendere comunque operoso lo stand-by. Idee spesso strampalate, ma presentate a lui e ai massmedia con toni di perentoria sicurezza e senza verificare se siano costituzionalmente
La «proroga»
Gli scenari improbabili di una lunga gestione di Gentiloni, magari fino a un voto nel 2019
praticabili.
Un campionario di azzardi che potrebbe cominciare dal suggerimento formulato davanti al presidente da Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’italia ha teorizzato «governi di minoranza» (di centrodestra, ovvio) o un rapido ritorno al voto «aggiustando» in corsa la legge elettorale con il ricorso alla commissione speciale che ha l’incarico di affrontare le pratiche più urgenti. Le è però sfuggito che quella commissione è istituita solo per limitate materie, nella fase di transizione nel quale ci si trovi in assenza di un esecutivo. E che su un tema di quell’importanza la legge prevede la cosiddetta «riserva di assemblea», per cui dev’essere l’intera Aula, e non la pur «speciale» commissione, a votare un provvedimento del genere.
Altra ipotesi dell’irrealtà fatta rimbalzare fino al Quirinale, quella secondo la quale il Paese dovrebbe disinvoltamente adattarsi a un Parlamento che «governa» — di fatto — senza esecutivo, ciò che non può accadere se non in situazioni d’emergenza assoluta. Non a caso la consuetudine costituzionale (oltre al buonsenso) prevede che le crisi vadano chiuse, in un modo o nell’altro, in tempi congrui.
Parente stretta di questa suggestione, la congettura di quanti si baloccano con il sogno di un Gentiloni, ora in carica «per il disbrigo degli affari correnti» e dunque titolare di un potere in progressivo scivolamento verso l’evanescenza, che tira avanti con l’intera squadra di ministri. Indeterminatamente. Se servisse, fino al voto — ecco la pretesa — quand’anche ciò imponesse una proroga che si proietti alla primavera 2019.
Un’assurdità per due motivi: 1) perché non considera il bisogno, se si andasse oltre un ragionevole termine, di un nuovo incarico da parte del capo dello Stato e di un nuovo voto di fiducia che queste Camere di sicuro non darebbero; 2) perché l’esempio del Belgio, citato da qualcuno per la lunghissima «vacatio» di poteri sperimentata lì, può essere un caso quasi fisiologico in una monarchia costituzionale (con doppia fiducia di re e Parlamento), mentre per essere applicabile da noi presupporrebbe che fosse ancora in vigore... lo Statuto Albertino.