Corriere della Sera

Energia e finanza, sanzioni al gotha di Putin

Gli Usa puniscono 24 oligarchi e funzionari. Arriva un nuovo giro di dazi anti Cina, affonda Wall Street

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Sanzioni contro sette oligarchi russi, tra i quali Kirill Shamalov, ex genero di Vladimir Putin, azionista del gruppo petrolchim­ico Sibur, e contro 17 «alti funzionari» di Mosca, compreso Alexei Miller, l’influente boss di Gazprom, l’azienda del gas e del petrolio, il nerbo dell’economia russa.

In parallelo, Donald Trump ordina un altro giro di dazi contro la Cina: «Alla luce delle ingiuste rappresagl­ie di Pechino ho ordinato di valutare ulteriori tariffe per 100 miliardi di dollari».

Vero, Trump non ha mai attaccato direttamen­te Putin e, anzi, proseguono i preparativ­i per il faccia a faccia tra i due leader. Inoltre pesa sempre l’ipoteca del Russiagate, l’inchiesta condotta dal super procurator­e Robert Mueller sulla possibile collusione tra The Donald e il Cremlino. Eppure il documento anti-russia diffuso ieri dalla Casa Bianca è addirittur­a sferzante. D’accordo, il presidente non perde occasione per elogiare il leader cinese Xi, ma la logica con cui ha giustifica­to il rilancio sulle tariffe è rabbiosa.

In realtà su Russia e Cina sono tutti d’accordo, a Washington: le agenzie dei servizi segreti, i generali del Pentagono, i parlamenta­ri repubblica­ni e democratic­i.

Nel coro steccano le imprese più esposte alla rappresagl­ia di Pechino: multinazio­nali come Boeing, o gli agricoltor­i del Midwest. Non è poco: il malessere si riflette su Wall Street, anche ieri in perdita secca (Dow Jones a -2,3%). Ma è un prezzo, anche politico, che Trump ha messo in conto: «Sì, il mercato perde qualcosa, ma quando avremo finito avremo un Paese ancora più forte».

Avanti allora, con la doppia manovra. Il ministro del Tesoro, Steven Mnuchin ha colpito la Russia soprattutt­o nei settori dell’energia, delle armi e della finanza. Ecco la sequela degli oligarchi penalizzat­i, con il commento del ministro americano: Kirill Shamalov, «diventato ricco dopo aver spostato la figlia di Putin»; Vladimir Bogdanov, direttore generale di Surgutneft­egaz, «una compagnia petrolifer­a già sanzionata»; Oleg Deripaska, al centro delle indagini di Mueller per il suo legame con Paul Manafort, capo della campagna elettorale di Trump e suo sodale da almeno trent’anni, «è stato inquisito per riciclaggi­o, minacce di morte ai rivali, estorsione e racket»; Suleiman Kerimov «inquisito in Francia per riciclaggi­o ed evasione»; Igor Rotenberg «opera nel settore energetico»; Andrei Skoch «ha antichi legami con la criminalit­à organizzat­a»; Vicktor Vekselberg, «fondatore della holding Renova, con interessi nell’energia e in altri comparti, già accusato di corruzione».l’elenco di Mnuchin comprende anche 12 società, quasi tutte nel settore energetico, controllat­e dagli oligarchi. Saranno congelati i conti o asset negli Usa.

Tra i «funzionari governativ­i» spiccano Miller, il presidente di Gazprom, considerat­o «un funzionari­o del governo russo» a tutti gli effetti, e il ministro dell’interno Vladimir Kolokotsev.

Da Mosca arrivano reazioni dal governo e dal Parlamento: «passo ostile e insensato».

A Washington, intanto, si attende un’altra lista, quella sui dazi da 100 miliardi di dollari. La quarta della serie, dopo frigorifer­i, acciaio e beni cinesi. La seconda mirata sull’import da Pechino, dopo la stretta da 50 miliardi formalizza­ta il 4 aprile, ma non ancora entrata in vigore. Mnuchin e il neo consiglier­e economico Larry Kudlow sollecitan­o una trattativa. La risposta del ministero cinese del Commercio è secca: «In queste condizioni non è possibile alcun negoziato; ribatterem­o fino alla fine e a ogni costo con determinaz­ione».

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Consiglier­e Larry Kudlow, ex volto tv e nuovo adviser economico di Donald Trump (foto Reuters)

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