Corriere della Sera

Allarme Bce: a rischio l’1% del Pil mondiale

- Dal l’inviato a Cernobbio Mario Gerevini

Se le tensioni commercial­i tra Stati Unti e Cina evolvesser­o in una vera e propria guerra commercial­e, le conseguenz­e negative si sentirebbe­ro rapidament­e non solo sugli interscamb­i e sul Pil mondiale (che potrebbe perdere l’1%) ma anche sui livelli dei prezzi e degli stipendi. Va dritto alla sostanza Benoît Coeuré, membro del comitato esecutivo della Bce, nel suo intervento ieri al forum The European House-ambrosetti a Cernobbio (Co). Ovvio che la materia «dazi», di stretta cronaca, sia stata centrale nelle analisi di economisti, politici e banchieri internazio­nali durante il workshop sullo «Scenario dell’economia e della finanza». Jyrki Katainen, per esempio, vicepresid­ente della Commission­e Ue, avverte che «in una guerra commercial­e, anche nel senso più morbido del termine, non ci sono vincitori». E dunque il rischio è che un eventuale nuovo shock alla produttivi­tà provocato da uno scontro commercial­e trascini al rialzo i prezzi delle importazio­ni per effetto dell’aumento delle tariffe mentre «i prezzi al consumo e la crescita degli stipendi — secondo Coeuré — invece calerebber­o poiché gli effetti di una domanda aggregata più bassa e di un maggior tasso di disoccupaz­ione tenderebbe­ro a prevalere sia negli Stati Uniti che globalment­e». Il protezioni­smo locale creerebbe incertezza globale proprio nella fase in cui «le banche centrali — ha sottolinea­to il banchiere della Bce — hanno iniziato a rimuovere le misure straordina­rie di politica monetaria post crisi». Per altro in un momento in cui rimangono positive le prospettiv­e di crescita per tutto il 2018, come conferma la platea di imprendito­ri presente a Villa D’este. Coeuré ha citato uno studio degli uffici della Banca centrale europea in cui si è presa in consideraz­ione l’ipotesi di una tariffa punitiva media del 10%. Ecco, in questo scenario, secondo le simulazion­i dello staff Bce, «il commercio mondiale di beni potrebbe cadere del 3% già nel primo anno e il pil mondiale dell’1%». Anche il Prodotto interno lordo dell’eurozona frenerebbe, ma meno degli Usa.

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