Allarme Bce: a rischio l’1% del Pil mondiale
Se le tensioni commerciali tra Stati Unti e Cina evolvessero in una vera e propria guerra commerciale, le conseguenze negative si sentirebbero rapidamente non solo sugli interscambi e sul Pil mondiale (che potrebbe perdere l’1%) ma anche sui livelli dei prezzi e degli stipendi. Va dritto alla sostanza Benoît Coeuré, membro del comitato esecutivo della Bce, nel suo intervento ieri al forum The European House-ambrosetti a Cernobbio (Co). Ovvio che la materia «dazi», di stretta cronaca, sia stata centrale nelle analisi di economisti, politici e banchieri internazionali durante il workshop sullo «Scenario dell’economia e della finanza». Jyrki Katainen, per esempio, vicepresidente della Commissione Ue, avverte che «in una guerra commerciale, anche nel senso più morbido del termine, non ci sono vincitori». E dunque il rischio è che un eventuale nuovo shock alla produttività provocato da uno scontro commerciale trascini al rialzo i prezzi delle importazioni per effetto dell’aumento delle tariffe mentre «i prezzi al consumo e la crescita degli stipendi — secondo Coeuré — invece calerebbero poiché gli effetti di una domanda aggregata più bassa e di un maggior tasso di disoccupazione tenderebbero a prevalere sia negli Stati Uniti che globalmente». Il protezionismo locale creerebbe incertezza globale proprio nella fase in cui «le banche centrali — ha sottolineato il banchiere della Bce — hanno iniziato a rimuovere le misure straordinarie di politica monetaria post crisi». Per altro in un momento in cui rimangono positive le prospettive di crescita per tutto il 2018, come conferma la platea di imprenditori presente a Villa D’este. Coeuré ha citato uno studio degli uffici della Banca centrale europea in cui si è presa in considerazione l’ipotesi di una tariffa punitiva media del 10%. Ecco, in questo scenario, secondo le simulazioni dello staff Bce, «il commercio mondiale di beni potrebbe cadere del 3% già nel primo anno e il pil mondiale dell’1%». Anche il Prodotto interno lordo dell’eurozona frenerebbe, ma meno degli Usa.