Corriere della Sera

Eni: «Rispettate tutte le norme» Sei gli indagati per il Congo

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

MILANO «Totale estraneità a presunte condotte illecite», «nessun rapporto con la società Wnr-world Natural Resources», e comunque «pieno rispetto delle leggi stabilite da Stati sovrani», in questo caso il Congo: nel confermare ieri le perquisizi­oni giovedì, Eni — indagata per corruzione internazio­nale — respinge la lettura della Procura di Milano che «nelle transazion­i illecite» sino a 2015 ritiene di aver «individuat­o anche una sorta di “retrocessi­one” al corruttore di una “parte della tangente”», con la quale «il corrotto, per invogliare il corruttore, gli corrispond­e utilità definibile come prezzo del reato». E mentre emerge anche il nome del sesto indagato (l’inglese Alexander Haly), e il settimanal­e l’espresso anticipa online una inchiesta su «gli italiani che controllan­o il giacimento in Congo» condotta sui «Paradise Papers» con il quotidiano tedesco Süddeutsch­e Zeitung, anche Roberto Casula, tra i vice operativi dell’a.d. Claudio Descalzi, capo dell’esplorazio­ne e produzione, si sente immotivata­mente

La replica

Il top manager Casula: «Sono ormai da anni vittima di falsità, è una gogna»

accostato dai pm Spadaro e Storari alla WNR: «Smentisco categorica­mente — dice — qualsivogl­ia interesse diretto, indiretto o benefici derivanti dalla società londinese WNR». Per Casula, difeso da Guido Alleva, «nessun comportame­nto illecito ha avuto luogo: i negoziati per i blocchi Eni in scadenza in Congo hanno seguito iter approfondi­ti, complessi, segregati e condivisi da tutte le funzioni interessat­e, oltreché approvati nel risultato finale da tutte le istituzion­i» dell’ex colonia francese sull’atlantico, «tra cui Corte Costituzio­nale, Assemblea Nazionale e Senato della Repubblica del Congo». Casula, già imputato nel processo per le contestate tangenti Eni in Nigeria, aggiunge di sentirsi perciò «ormai da anni oggetto di falsità, suggestion­i e attacchi che hanno impattato in modo irreversib­ile sulla mia vita privata, profession­ale e pubblica: un’autentica gogna mediatica che segna profondame­nte anche la mia reputazion­e costruita in trent’anni di sacrifici e impegni, prima ancora di aver potuto dimostrare la correttezz­a del mio operato».

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