Eni: «Rispettate tutte le norme» Sei gli indagati per il Congo
MILANO «Totale estraneità a presunte condotte illecite», «nessun rapporto con la società Wnr-world Natural Resources», e comunque «pieno rispetto delle leggi stabilite da Stati sovrani», in questo caso il Congo: nel confermare ieri le perquisizioni giovedì, Eni — indagata per corruzione internazionale — respinge la lettura della Procura di Milano che «nelle transazioni illecite» sino a 2015 ritiene di aver «individuato anche una sorta di “retrocessione” al corruttore di una “parte della tangente”», con la quale «il corrotto, per invogliare il corruttore, gli corrisponde utilità definibile come prezzo del reato». E mentre emerge anche il nome del sesto indagato (l’inglese Alexander Haly), e il settimanale l’espresso anticipa online una inchiesta su «gli italiani che controllano il giacimento in Congo» condotta sui «Paradise Papers» con il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, anche Roberto Casula, tra i vice operativi dell’a.d. Claudio Descalzi, capo dell’esplorazione e produzione, si sente immotivatamente
La replica
Il top manager Casula: «Sono ormai da anni vittima di falsità, è una gogna»
accostato dai pm Spadaro e Storari alla WNR: «Smentisco categoricamente — dice — qualsivoglia interesse diretto, indiretto o benefici derivanti dalla società londinese WNR». Per Casula, difeso da Guido Alleva, «nessun comportamento illecito ha avuto luogo: i negoziati per i blocchi Eni in scadenza in Congo hanno seguito iter approfonditi, complessi, segregati e condivisi da tutte le funzioni interessate, oltreché approvati nel risultato finale da tutte le istituzioni» dell’ex colonia francese sull’atlantico, «tra cui Corte Costituzionale, Assemblea Nazionale e Senato della Repubblica del Congo». Casula, già imputato nel processo per le contestate tangenti Eni in Nigeria, aggiunge di sentirsi perciò «ormai da anni oggetto di falsità, suggestioni e attacchi che hanno impattato in modo irreversibile sulla mia vita privata, professionale e pubblica: un’autentica gogna mediatica che segna profondamente anche la mia reputazione costruita in trent’anni di sacrifici e impegni, prima ancora di aver potuto dimostrare la correttezza del mio operato».