IL RISORGIMENTO DEL SUD CONDANNATO ALL’OBLIO
Caro Aldo, in risposta a un lettore che denuncia il degrado delle città del Sud, lei giustamente osserva che molti italiani del Sud ritengono di non poter fare nulla per migliorare la qualità di vita delle loro città perché causa dei loro mali sono i compatrioti del Nord, a partire da Cavour e Garibaldi. Purtroppo tante, troppe pubblicazioni di improvvisati storici o faziosi divulgatori stanno diffondendo la falsa interpretazione del Risorgimento come di una violenta occupazione piemontese che comportò un genocidio del popolo meridionale e che mise fine al paradiso terrestre rappresentato dal Regno delle Due Sicilie. I nostri padri della Patria, il Re Vittorio Emanuele II e Garibaldi soprattutto, sono descritti come criminali nazisti. Il risultato è di delegittimare lo Stato nazionale unitario e di assolvere le classi dirigenti politiche degli ultimi decenni, vere responsabili della crisi, culturale e sociale prima ancora che economica del nostro meridione. Tutto ciò avviene nel silenzio irresponsabile degli intellettuali. Carlo Saffioti
Caro Carlo,
L a cosa che fa più male è che il Risorgimento in un certo senso cominciò al Sud, con le rivolte dei siciliani contro i Borbone e dei napoletani per chiedere la Costituzione che limitasse il potere assoluto del re. Vito Teti, appassionato studioso della storia e dell’etnos calabrese, ha documentato come un’intera generazione di borghesi meridionali — giovani ufficiali, medici, avvocati, religiosi —, appartenenti a una classe in ascesa ma mortificata dai Borbone, sia entrata in contatto con le idee di Mazzini e di quanti parlavano di Italia unita. Furono i protagonisti di moti che nel 1829, nel 1837, nel 1844 anticiparono quanto accadrà in tutta la penisola. E molti di loro furono calabresi. Mi lasci ricordare almeno uno di loro. Al generale Nunziante, che durante il processo sommario gli prometteva la salvezza in cambio dei nomi dei compagni, Rocco Verduci rispose: «Che domande incivili! E chi mai potrebbe riscattare la vita con il prezzo di tanta vergogna! Io credo che voi, generale, da soldato d’onore non avreste la forza di consigliarmelo».
Rocco Verduci aveva appena 23 anni, Pietro Mazzoni 28, Gaetano Ruffo 25, come Domenico Salvadori e Michele Bello. In segno di disprezzo, i loro corpi furono gettati nella «lupa», la fossa comune. Disseppelliti e ricomposti dalla popolazione nel 1848, verranno rimessi nella fossa per ordine del colonnello De Flugy, mandato da re Ferdinando a rimettere ordine in paese dopo aver abrogato la Costituzione. E ancora attendono di essere disseppelliti dall’oblio cui sono stati condannati, insieme con le tante storie del Risorgimento meridionale.