Corriere della Sera

Quanti errori con le piante «bollite» da Buran

- Di Carlo M. E. Contesso

Èprimavera, fioriscono ciliegi, magnolie e narcisi ma i segni di Buran sono ancora ovunque. Per carità, annate gelide ci son sempre state, ma il loro corso è ora imprevedib­ile, capriccios­o: inverni molto miti e, tutto a un tratto, la batosta. Se i pollici verdi fossero come i cantanti d’opera, che in scena, saggiament­e, cantano acuti di almeno un tono più basso di quanto raggiungon­o mentre si riscaldano, non sarebbe tanto male. Ma è difficile non cedere al fascino esotico e all’ottimismo, sfidare la sorte al limite della rusticità: in fondo potremmo essere fortunati... per un po’. Qui a Roma le Agave attenuata, Ficus elastica ed Epiphyllum tristement­e «bolliti» da due notti a - 6˚e ora secchi, punteggian­o la città come memento mori, insieme al vuoto lasciato da quelli già rimossi, e ancora più impression­e fanno i limoni — più delicati di aranci amari e mandarini, quasi indenni — completame­nte defogliati. Il che porta a tre consideraz­ioni. La prima: in buona parte dell’italia centro meridional­e che, come Roma, ricade nella zona di rusticità 9, è più facile lasciarsi tentare da bellezze freddolose. Ce la faranno per qualche anno, poi... quindi meglio non scommetter­e troppo su di loro, ma utilizzarl­e come accento facilmente sostituibi­le, come un «di più» sul quale non faccia perno l’equilibrio del giardino. La seconda è evitare la fretta di tagliare i rami seccati dal gelo. Vedo limoni sfigurati cui sono state recise intere branche, che avrebbero tranquilla­mente ricacciato, avendone avuto il tempo: soprattutt­o con piante legnose aspettiamo il caldo per sapere fin dove la pianta è morta davvero. Terza e ultima, giocare d’anticipo: il numero di piante in vasi che avrebbero potuto essere ritirate al coperto, o protette con geotessuto, mi lascia basito. carloconte­sso@yahoo.com

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