Tim, la battaglia in Borsa Scambi record, balzo del 6,9%
Passa di mano l’1,7%. Bernabè: «L’ingresso di Cdp? I voti si contano»
MILANO L’ingresso dello Stato in Tim, attraverso Cassa Depositi e Prestiti, mette le ali al titolo che ha archiviato ieri la seduta a Piazza Affari a 0,85 euro per azione (+6,94% rispetto a giovedì). Una giornata in cui sono stati fortissimi anche gli scambi con 369 milioni di pezzi passati di mano, pari all’1,7% del capitale. Così il 5% di Tim, la partecipazione massima che Cdp vuole acquistare sul mercato comprando titoli entro il 13 aprile, vale ai prezzi correnti oltre 850 milioni di euro. Il mercato accoglie positivamente la decisione della Cassa, concordata con il governo uscente (e con Lega e Movimento 5 Stelle) e con le fondazioni bancarie azioniste, di entrare nella partita Tim in attesa di uno scorporo della rete e di una possibile fusione con la rivale Open Fiber, di cui Cdp è azionista con Enel, per portare la banda ultra-veloce a fibra ottica nel Paese. Ipotesi che piace anche ai sindacati. E che trova in disaccordo l’economista Luigi Zingales per «il modo in cui è stato fatto l’annuncio» facendo così lievitare i prezzi.
Tim resta oggetto di un confronto molto acceso tra il primo socio, i francesi di Vivendi (23,9%) e il fondo Usa Elliott riconducibile al finanziere Paul Singer. Che ha tra titoli e posizioni corte e lunghe, il 5,7% della società, come comunicato da Consob. L’interesse è ora acceso sul consiglio di amministrazione di Tim di lunedì 9 aprile, termine per la presentazione delle liste di candidati per l’assemblea dei soci. Il board è appena decaduto per volontà di Vivendi che ha fatto dimettere la maggioranza del Consiglio. In risposta all’integrazione all’ordine del giorno per l’assemblea degli azionisti del 24 aprile proposta da Elliott con la quale ha chiesto di revocare sei amministratori nominati dai francesi in un’ottica di discontinuità. Richiesta supportata dal collegio sindacale della società. In una relazione i sindaci hanno evidenziato «alcune irregolarità» nelle procedure usate da Tim per definire «indipendenti» i suoi consiglieri.
Nel cda di lunedì la società potrebbe però valutare di «ricusare» la decisione dei sindaci rivolgendosi al Tribunale di Milano con una procedura d’urgenza. Sarebbe una corsa contro il tempo per la scadenza del 24 aprile, giorno in cui l’assemblea dei soci di Tim potrebbe votare a favore della proposta di Elliott consentendo ai sei membri indicati dal fondo (Fulvio Conti, Luigi Gubitosi, Rocco Sabelli, Paolo Gianotti De Ponti, Massimo Ferrari e Dante Roscini) di prendere il posto di quelli di Vivendi. Sarebbe così teoricamente possibile che dopo il 24 aprile possa costituirsi un Consiglio senza rappresentanti dei francesi, al netto dell’amministratore delegato Amos Genish e del vicepresidente esecutivo Franco Bernabè, che ieri ha detto di non temere l’ingresso di Cdp nel capitale perché «in assemblea si contano i voti». Potrebbe essere però vanificata l’assemblea del 4 maggio, anche se Vivendi avrebbe il potere di revocare il Consiglio detenendo una partecipazione consistente. Ma gli occhi sono puntati sulla strategia di Assogestioni, in rappresentanza dei fondi. L’ipotesi è che possa astenersi dal presentare una lista di candidati (avendo già formalizzato quella dei sindaci). Sarebbe la volontà di Anima, Mediolanum e Kairos, non quella di Amundi. Ieri il Comitato dei Gestori ha smentito articoli di stampa: «Generali e Unicredit non hanno partecipato al processo decisionale per la formazione di una lista per Tim».