«Noi eredi di Farinelli vittime di pregiudizi»
Il controtenore Mineccia: divi all’estero, non in Italia
Un tempo erano i castrati alla Farinelli, idolatrati dai melomani per quella loro voce dal timbro maschile eppur capace di acutezze femminili. Oggi sono i controtenori, che cantano in falsetto le stesse note di contralti e mezzosoprani; in Italia rappresentano ancora una categoria sparuta «e vista con un certo scetticismo: se canti in quel modo devi avere un certo orientamento sessuale. Invece in America e nel nord Europa sono diventati delle stelle. Io stesso ho vinto questo preconcetto solo quando un amico mi costrinse ad ascoltare un disco dedicato a Farinelli».
E anche lui sta guadagnando una notorietà sempre maggiore, sebbene più oltralpe che in patria: Filippo Mineccia, fiorentino, 37 anni domani, fa parte con Franco Fagioli Chi era 1782), è il più famoso cantante lirico castrato della storia. Nella foto Stefano Dionisi, che lo interpretò nel film «Farinelli» del 1994 di quella sparuta ma talentuosa avanguardia che potrebbe segnare anche in Italia il recupero di una figura mitica nella storia dell’opera. A Milano ha da poco cantato Stabat Mater e Nisi Dominus di Vivaldi con l’ottima Accademia dell’annunziata di Riccardo Doni. «Una conferma di come le orchestre di strumenti antichi sono sì partite dal nord Europa, ma poi l’italia ha recuperato il ritardo e oggi esporta le sue eccellenze; mi auguro accada anche coi controtenori, oggi da noi si è molto indietro».
Aveva iniziato per caso: «Mamma mi mandava in piscina e al coro polifonico di Fiesole, a 11 anni la muta improvvisa della voce e smisi di cantare». Il disco galeotto risale al 2003: «Non volevo ascoltarlo perché non era Vivaldi ma Händel; rimasi folgorato: avevo trovato la voce musicale che cercavo da sempre per esprimermi. Mi venne In scena Filippo Mineccia in «Farinelli, il castrato di re Filippo» di Gustavo Tambascio dove Mineccia canta le arie che Farinelli cantava a Filippo V di Spagna. Racconta il controtenore: «Rimasi folgorato da Händel: avevo trovato la voce musicale che cercavo da sempre per esprimermi. Mi venne subito naturale cantare in falsetto e non sentivo quella fatica tecnica che provavo col violoncello» subito naturale cantare in falsetto e non sentivo quella fatica tecnica che provavo col violoncello. Iniziai imitando le voci che ascoltavo dai dischi, nel 2004 intrapresi gli studi in Conservatorio: l’espressività è diversa, ma la tecnica è la stessa del contralto o del mezzosoprano».
Mentre è in tournée con un ensemble d’archi in Corsica chiede di poter cantare un’aria: «Scetticismo generale, ma quando mi ascoltarono rimasero sbalorditi». Lo scorso anno si è sbalordito anche il pubblico di Facebook quando Mineccia ha pubblicato il video di un’aria di Scarlatti: «Ero a un concerto con Spinosi, all’ultimo brano mi chiese se avessi pronto un bis; gli passai lo spartito, diresse a prima vista, fu un momento magico. Mi hanno contattato a centinaia chiedendomi di tutto, dagli impresari per dei concerti a pittori che mi volevano ritrarre». Ora la carriera è lanciatissima: opere barocche con i massimi direttori filologi, da Dantone a Curtis e Rousset, e nei grandi teatri, da Versailles al Liceu di Barcellona; sognando «Covent Garden e la Scala: vi hanno appena dato l’orfeo di Gluck con Florez, che bello sarebbe poterlo fare nella versione per controtenore».
In falsetto
«Tutti pensano che il modo di cantare sia legato all’orientamento sessuale»