Il fair play finanziario di Liberty
dei team minori. La Mercedes, evidentemente contraria, la butta sul diplomatico: «È una base interessante da cui partire» (le negoziazioni private con i team cominceranno già la settimana prossima in Cina), mentre dalla Ferrari solo silenzio. Preludio alla lunga battaglia politica che si consumerà nei prossimi mesi, perché entro la fine dell’estate il cantiere del 2021 dovrà posare le prime pietre. Il bonus speciale di cui gode Maranello in qualità di team storico è stato confermato (è previsto che riceva meno dei circa 70 milioni di adesso, ma comunque più degli altri), il diritto di veto no, ma sul resto trapelano profonde differenze su come perseguire il cambiamento. I rischi di trasformare uno sport fondato sulla competizione dei cervelli in uno show a uso e consumo di tv e piattaforme web non sono stati fugati. E la minaccia di Sergio Marchionne di lasciare («se la Formula 1 sarà snaturata») risuona ancora.
Prepariamoci al Gp più lungo di tutti. 6-2, 6-3) che s’incendia nel primo game del terzo set: insulto udibile al francese, che al cambio di campo sfiora con la spalla la spalla del ligure. Fabio è una furia: gli lancia addosso due palline prima che Barazzutti («Sono le tensioni normali delle partite») intervenga a fermarlo. Chardy si difende: «È sempre lui a mettere elettricità in campo». A sdrammatizzare, ci pensa il grande Noah: «La gente si stava annoiando, abbiamo improvvisato un diversivo...».
Pur con il ginocchio fasciato («È quello operato, ogni tanto mi torna fuori il dolore»), Fognini oggi si renderà disponibile per il doppio con il fido Bolelli (insieme sbancarono l’australian Open 2015), snodo decisivo di questo quarto in bilico. Dall’altra parte della rete Mahut e Herbert, prezioso l’anno scorso nella finale di Lilla vinta contro il Belgio. «Resto ottimista» confida Barazza alla fine dell’ennesima giornata di Davis trascorsa in panchina. Poteva andare meglio, ma anche (molto) peggio. Conquistare il doppio significherebbe allungare una zampa in semifinale.