Francesco Micheli: l’amico marxista e il posto in Borsa
Il finanziere: oggi mi impegno per le bellezze dell’italia
«Al dottore piace la cioccolata molto amara», sussurra il domestico mentre depone sul tavolo del salotto, dalle cui pareti guardano due Guardi, una vaschetta con una collezione di tavolette da 80, 90, 100 per cento di cacao. Il dottore è Francesco Micheli, superattivo nonostante abbia già compiuto gli 80, finanziere, imprenditore, manager, collezionista d’arte, pianista, sostenitore di svariati progetti culturali oltre che inventore di una discreta serie di fortunate startup, quando, peraltro, ancora non si chiamavano così, l’ultima delle quali, avviata con Umberto Veronesi, è per il momento la Genextra, società privata attiva nel campo delle biotecnologie, una delle poche che sta crescendo con successo. Quando arriva è ancora impegnato in una tecnicissima, minuziosa telefonata con l’accordatore del suo pianoforte, una specie di medico che deve venire a curare alcuni tasti non abbastanza docili. Poi spegne la sua batteria di cellulari per poter respirare. E parlare.
Grande merito di essere arrivato dove è arrivato lo attribuisce all’intelligenza ed energia di sua madre, una pianista allieva del pianista e compositore suo padre, che lasciò la carriera per occuparsi della famiglia, perché, come diceva, «di musicanti in famiglia ne basta uno».
«Il papà, che per una trentina di anni è stato docente al Conservatorio di Milano, era un personaggio alla Peynet, un uomo delizioso, ma fuori dalla realtà, completamene preso dalla sua musica; passava tutto il tempo libero dall’insegnamento seduto al pianoforte, spesso