Corriere della Sera

Inflessibi­li e dialoganti, filo-grillini e attendisti Il risiko del Nazareno

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ROMA Come sa bene il ministro Andrea Orlando «la vita è più complicata di due opzioni», soprattutt­o quando un partito ancora frastornat­o per la botta elettorale deve rispondere all’amletico quesito «arrocco, o dialogo?». Martedì il tema sarà affrontato nell’assemblea dei gruppi parlamenta­ri, ma intanto l’apertura di Luigi Di Maio ridefinisc­e le correnti del Pd. Gli aventicolo­samente niani di Matteo Renzi, i dialoganti di Dario Franceschi­ni, i filo-grillini di Michele Emiliano, gli aperturist­i cauti di Andrea Orlando.

Al reggente Maurizio Martina l’arduo compito di fare da colla alle tessere del variegato mosaico dem e condurre il partito fino all’assemblea del 21 aprile. Evitando di uscire a pezzi da un secondo turno di consultazi­oni che peri- si intreccia con le dinamiche pre congressua­li.

Contro ogni tentazione di dialogo con Di Maio, i renziani fanno muro. L’ex premier smentisce di avere in mente un cambio di strategia e quando Dario Franceschi­ni invita i dem a fermarsi, ricomincia­re a riflettere, dal «giglio magico» e dintorni arriva lo stop. Ettore Rosato, che alcuni renziani vorrebbero segretario-traghettat­ore, rivendica l’alternativ­ità del Pd rispetto a Lega e Movimento 5 Stelle e assicura che la rotta dei vertici non cambierà. La differenza con Salvini e Di Maio, spiega Matteo Orfini, è una questione di programmi e cultura politica «e non sarà certo un appello strumental­e a cambiare tutto questo». Così la pensano Andrea Marcucci, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Alessia Morani, Anna Ascani, David Ermini. E perché non resti un margine di dubbio, Michele Anzaldi fa notare come tra le centinaia di militanti che hanno risposto al tweet di Franceschi­ni ci sia «la quasi unanimità» di chi non vuole sentir parlare di un accordo con i pentastell­ati.

Debora Serracchia­ni ha preso le distanze dal renzismo. Matteo Richetti prova a ballare da solo: «Possiamo giocare sul tema della disponibil­ità al governo, ma per fare cosa? Gli accordi si fanno sulle proposte». Dalla parte del «senatore di Firenze e Scandicci», come Renzi ama definirsi, si confermano Graziano Delrio e Lorenzo Guerini, i quali però parlano con la fronda dialogante di Franceschi­ni, Paolo Gentiloni, Luigi Zanda, Franco Mirabelli, Alberto Losacco.

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