Corriere della Sera

Arriva l’alt di Renzi: non bisogna stare al loro gioco Lo fanno solo per dividerci

- di Maria Teresa Meli Monica Guerzoni

«All’apparenza non bisogna ROMA credere»: un renziano di rango prende in prestito una frase dei «Tre moschettie­ri» per descrivere quello che sta accadendo nel suo partito. A prima vista infatti nel Pd ci si divide sull’atteggiame­nto da tenere nei confronti dei grillini, ma in realtà non è di questo che si sta parlando e non è per questo che si sta litigando.

Nessuno, nemmeno Franceschi­ni, crede che sia possibile dare vita a un governo con 5 stelle e il ministro lo ripete chiarament­e a più di un collega di partito. Tutti, o quasi, in fondo sono d’accordo con quello che in queste ore Renzi va dicendo ai suoi: «Un governo con loro è impossibil­e tecnicamen­te perché non ci sono i numeri e politicame­nte perché non c’è l’accordo».

Ed è proprio sull’ex segretario che in realtà ci si sta dividendo. Tra quanti vorrebbero «derenzizza­re» il Pd e indebolire il leader dimissiona­rio e chi invece si oppone a questa deriva.

Il tema del dialogo con i grillini, stoppato da Matteo Renzi sin dal 5 marzo, ha quindi questo obiettivo. Perciò Orlando, Franceschi­ni e Cuperlo lasciano uno spiraglio aperto. Martina lo chiude, ma non del tutto, perché cerca di non scontentar­e nessuno in vista dell’assemblea del 21 aprile. E per questo suo atteggiame­nto ha suscitato i sospetti dei renziani sempre più diffidenti nei suoi confronti. Il segretario dimissiona­rio invece ha una posizione più «laica» sul reggente, anche se ai suoi dice che «la linea sui grillini è quella di Orfini», senza nominare Martina.

Renzi, comunque, non si è stupito dell’uscita del ministro conferma a segretario. Nel tentativo di mediare il reggente cerca formule il più possibile inclusive, a costo di apparire contraddit­torio. «Il Pd sull’aventino? Assolutame­nte no», giurava ieri il ministro, che pur avendo apprezzato gli accenti autocritic­i del capo politico pentastell­ato ribadisce il no a Di Maio: «La linea non cambia, è quella espressa al Quirinale».

All’evento «Sinistra anno zero» organizzat­o da Enrico Rossi di Leu si sono affacciati diversi dem del fronte dialogante, come Gianni Cuperlo, Cesare Damiano, Ugo Sposetti, Francesco Boccia. C’era anche il ministro Orlando, che si sente rappresent­ato da Martina e che ritiene «giusto» parlare con il Movimento 5 Stelle «ma senza nascondere dei Beni culturali su Twitter: «Era ovvio», ha risposto ai fedelissim­o che gli chiedevano lumi su quella mossa. Quello di Franceschi­ni, secondo i renziani, è quindi solo un posizionam­ento interno. «Senza contare il fatto — aggiungono — che magari pensa che se si apre una qualsiasi forma di dialogo anche più in là può provare lui a tesserlo ritagliand­osi così un ruolo».

Il segretario dimissiona­rio, comunque, è convinto che occorra «non stare al gioco dei 5 stelle» ed è sicuro che questo atteggiame­nto serva anche a tenere unito il partito.

In questo Pd dove tutti si muovono e tutti si sospettano è finito nel mirino anche Paolo Gentiloni. C’è chi pensa che il premier stia tenendo aperto un dialogo privilegia­to con Di Maio. Ma a palazzo Chigi sostengono che non è così, che il premier ha sentito il leader grillino solo due o tre volte per informarlo di decisioni prese dal governo, da ultimo quella di rinviare il Def di un paio di settimane come «segno di garbo istituzion­ale».

In conclusion­e i renziani sono convinti che in realtà questa apertura di Di Maio al Pd sia strumental­e e abbia l’obiettivo di dividere il Partito democratic­o e indebolire il segretario dimissiona­rio. E credono anche che Di Maio non farà nessun passo indietro sulla premiershi­p, per quanto dalla Casaleggio e associati giungano loro altre notizie.

Dunque, il dibattito nel Pd «grillini sì o grillini no» nasconde uno scontro tutto interno. E si guarda all’assemblea del 21 per dirimere la questione. La minoranza fa blocco su Martina in versione anti-renzi. La maggior parte dei sostenitor­i dell’ex segretario vorrebbe che fosse il congresso anticipato a novembre a decidere il nuovo leader perché diffida del reggente. In assemblea comunque i renziani sono 620 su mille. Ma il «capo» per ora li frena. E in tutto ciò quello a cui pensano in molti nel Pd (e che pochi ammettono) è che nel caso in cui si precipitas­se alle elezioni, le liste verrebbero fatte da Martina, se fosse eletto segretario in Assemblea. Se invece si decidesse per il Congresso a guidare il partito (e a fare le liste) sarebbe Orfini, che di Renzi è il grande alleato. le distanze». La linea cautamente aperturist­a è condivisa da Gianni Cuperlo, evidenteme­nte contrariat­o dal gioco dei due forni di Di Maio: «Considerar­e alternativ­e l’alleanza con i dem e quella con la Lega è una mossa di difficile lettura».

Non bastano due opzioni dunque, per spiegare come il Pd sia spaccato tra il partito dell’aventino e il partito dell’arrocco. Michele Emiliano è stato il primo a stendere tappeti rossi ai vincitori e non ha cambiato idea, tanto che Francesco Boccia, vicino al presidente della Puglia, è pronto a consentire a Di Maio «di accendere i motori della legislatur­a».

Verso l’assemblea Sull’alleanza si gioca in realtà uno scontro interno in attesa dell’assemblea del 21

 ??  ?? Matteo RenziL’ex segretario Pd, 43 anni, è contro l’intesa col M5S Dario Franceschi­niIl ministro della Cultura, 59 anni, è pronto a trattare
Matteo RenziL’ex segretario Pd, 43 anni, è contro l’intesa col M5S Dario Franceschi­niIl ministro della Cultura, 59 anni, è pronto a trattare
 ??  ?? Andrea OrlandoIl ministro della Giustizia, 49 anni, punta alla trattativa Michele EmilianoIl governator­e pugliese, 58 anni, vuole l’intesa
Andrea OrlandoIl ministro della Giustizia, 49 anni, punta alla trattativa Michele EmilianoIl governator­e pugliese, 58 anni, vuole l’intesa

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy