Flick: «Basta con i veti, contano i programmi Io al governo? Irrealistico Ma se chiamano ci sono»
L’ex ministro e l’ipotesi di governo del Colle
Il nome di Giovanni Maria ROMA Flick, ex ministro della Giustizia nel governo Prodi e presidente emerito della Consulta che ha appena terminato il libro Elogio della Costituzione, rimbalza nei retroscena sul rebus di Palazzo Chigi come possibile capo di un governo del Quirinale.
È stato le ha contattato? chiesto qualcosa? Qualcuno
«Il mio portiere. Mi ha chiesto: “Come vanno le cose?”». Nessun segnale dal Colle?
«Non mi ha chiamato nessuno».
Non si sarà arrabbiato anche lei perché è nel toto premier?
«Anzi. Non mi dispiace che qualcuno apprezzi il mio senso di equilibrio. Anche se non
mi pare abbia a che fare con i problemi di questi giorni». Se glielo chiedessero, accetterebbe?
«Mi sembra un periodo ipotetico del terzo tipo: quello dell’irrealtà». Ma se la cercassero?
«Sono qui alla finestra. Chi mi cercasse dovrebbe darmi il tempo di scendere e dirmi cosa vuole. In ogni caso l’unico che ha il diritto e il dovere, è il presidente della Repubblica che, giustamente, la Costituzione ha posto al di fuori dello
scontro politico». Uno scontro che ora sembra insanabile.
«Ma no. Forse si confonde il momento istituzionale con quello politico. Non si deve fare questo errore. È già stato fatto con il referendum del 2016 e non è andata bene, mi pare». E dunque?
«Sento parlare molto di persone e coalizioni e poco di programmi. Le elezioni sono finite, chi ha vinto ha vinto, chi ha perso ha perso (anche
d Sono un cittadino impegnato a difendere la Carta Penso che basti applicarla d
Il governo? Sono ottimista, ci vuole calma. Bisogna lasciar depositare
se non del tutto, Ma questo è un altro discorso)». E ora?
«Io sono un cittadino prestato per un certo periodo alla politica e poi, soprattutto, impegnato a difendere la Costituzione. E penso che basti applicarla». Non è impossibile?
«Una divisione tripartita c’è già stata nella storia. In un momento forse più complicato di quello attuale: una guerra perduta e una quasi guerra civile. Ma quei tre schieramenti, molto diversi, in un anno e mezzo (il tempo in cui ora non parte un cantiere) hanno scritto la Costituzione».
È ottimista. Perché?
«Ci vuole calma. Bisogna lasciar depositare. Ma l’automatismo dei veti finirà».
Lei è tra i premier papabili perché ritenuto in avvicinamento ai M5S. È così?
«Dovevo essere nel board culturale del Comune di Roma, non ancora partito. Ho accettato il progetto bellissimo di portare la Costituzione nelle scuole; per discutere le regole della Casa comune bisogna ripartire dai ragazzi. Ho dato la mia disponibilità non ai grillini, come mi rimproverano dal Pd, ma al sindaco di Roma». Nel Pd molti hanno preclusioni verso i M5S. Lei?
«Qualcuno ricorda un po’ il bambino sul campo di calcio che o gioca o porta via il pallone. Io non so giocare. E non ho preconcetti verso nessuno».
Nemmeno della Lega?
«Nessuno. Valuto la gente per quello che dice e soprattutto fa».
Come vede l’ipotesi di un governo solo per fare la legge elettorale?
«Ho l’impressione che fare una legge elettorale in fretta e furia non sia una cosa positiva, lo abbiamo visto con il Rosatellum. Non vorrei che, continuando a perseverare, dovessimo vederlo anche con un Diabolicum».