L’ultimo comizio dell’eterno Lula «Vado in carcere ma sono innocente»
Brasile, l’ex presidente portato in trionfo, ma poi decide di arrendersi alla polizia
● Nel 2016 viene coinvolto nello scandalo Petrobras: è accusato di aver ricevuto tangenti dalla compagnia petrolifera RIO DE JANEIRO «Mi consegno, a testa alta. Proverò la mia innocenza e mi chiederanno scusa». È finita in un trionfo, trascinato sulle spalle dei suoi fedelissimi, sudato, paonazzo, senza voce. Tutto quello che Lula voleva prima di entrare in prigione: un bagno di folla, l’attenzione dei media di tutto il mondo, una diretta tv. Politico di razza come pochi, ha studiato l’uscita di scena con perizia e cinismo, giocando sul filo dello sberleffo alla giustizia. La scusa di una cerimonia religiosa per ricordare la moglie scomparsa lo scorso anno è la base di una trattativa con la polizia per guadagnare un giorno prima di consegnarsi. Ma poi non c’è stata alcuna diplomazia: in un discorso arrabbiato di poco meno di un’ora, la rivendicazione di innocenza è decisa, l’attacco ai giudici e ai media è durissimo.
Per Lula tutto quello che sta succedendo in queste ore è persecuzione, vendetta delle élites economiche, protagonismo dei giudici. Il suo obiettivo è mantenere alta la tensione dei militanti, ma soprattutto ritagliarsi una presenza virtuale nel silenzio che inevitabilmente dovrà mantenere per qualche tempo. In vista ci sono le presidenziali di ottobre e la speranza di dirottare la sua popolarità su un candidato amico. È un fatto invece che non ci sono segnali Tra la folla Luiz Inacio Lula da Silva, 72 anni, portato in trionfo e protetto dai suoi sostenitori a Sao Bernardo do Campo, dopo aver presenziato a una messa in memoria della moglie Marisa Leticia, morta l’anno scorso di alcuna rivolta popolare in Brasile a causa della prigione di Lula, come era stato immaginato o minacciato dai suoi negli ultimi mesi.
Ma non è stato facile per Lula uscire dal palazzo, perché per molte ore i manifestanti hanno bloccato l’automobile con la quale si sarebbe recato nella sede della polizia federale. Lula è stato condannato a 12 anni e un mese per aver ricevuto in regalo un attico al mare da una impresa di costruzioni, alla fine del suo mandato. Per i giudici fu corruzione. Ma secondo molti osservatori potrebbe passare molto meno tempo nella sede della polizia di Curitiba, dove è stata allestita una cella speciale. Davanti al sindacato dei metalmeccanici dove Lula ha passato i suoi ultimi giorni di libertà, c’è una scenografia consolidata da decenni di comizi. Un camion sostiene un palco e gli altoparlanti per la musica. Arriva un religioso, don Bernardino, già vescovo, compagno di strada del partito di Lula, e inizia una cerimonia che assomiglia vagamente a una messa in ricordo di Marisa Leticia, con preghiere e canzoni amate dalla ex primeira dama scomparsa. Ma quando Lula sale sul camion, in maglietta e pantaloni blu e l’eterna bottiglietta di acqua in mano contro la raucedine, il prete inizia a parlare a vuoto. Lula abbraccia tutti, accenna alla folla, saluta a pugno chiuso, legge i bigliettini che gli vengono consegnati. Lascia passare un po’ di tempo, poi prende la parola. A fianco c’è l’altra ex, Dilma Rousseff.
In un gioco retorico di ritorno al passato, nelle strade degli inizi, Lula racconta la sua parabola di operaio e gli scioperi che hanno accelerato la fine della dittatura militare. Ricorda aneddoti per ognuno dei fedelissimi che lo circondano, molti dei quali sono stati al governo con lui o con incarichi importanti a Brasilia. Ma l’obiettivo è arrivare ad oggi. «Hanno voluto togliere di mezzo l’unico presidente senza titolo scolastico che più ha fatto per i poveri di questo Paese, che più ha aperto le porte dell’università a chi prima non poteva permettersela. Hanno avuto fastidio di vedere i poveri mangiare la carne tutti i giorni, e prendere l’aereo!».
Non c’è nulla nel processo che abbia senso, attacca Lula. «Vi sfido a un dibattito e smonterò quelle che voi chiamate prove, quell’appartamento non è mio», dice Lula rivolto al pm e al giudice di Curitiba. Ma poiché «le idee non muoiono, e io ormai sono un’idea», il popolo può andare avanti senza il suo profeta. Lula abbraccia i candidati alle presidenziali di due piccoli partiti di sinistra. Guilherme Boulos e Manuela d’avila sono trentenni, è quasi un passaggio di consegne.