Corriere della Sera

Indossava il giubbotto con la scritta «Press» Gli ultimi scatti di Yaser, la decima vittima di Gaza

- Marta Serafini

«Mi chiamo Yaser Murtaja, ho 30 anni, vivo a Gaza e non ho mai viaggiato». Scriveva così il 24 marzo su Facebook Yaser, il fotoreport­er morto nella notte tra venerdì e sabato. Yaser è stato ucciso da una ferita allo stomaco inflittagl­i, sostiene Hamas, da un cecchino israeliano durante gli scontri al confine tra Israele e Gaza. «Indossava il giubbetto anti proiettile con la scritta identifica­tiva “Press”, nonostante questo gli hanno sparato», hanno denunciato i colleghi in rete. Yaser Murtaja lavorava per l’agenzia fotografic­a Ain Media per cui realizzava servizi fotografic­i e video servendosi spesso di droni. «Yaser stava scattando quando è caduto di fianco a me e ha gridato "Sono stato colpito, sono stato colpito"», ha riferito ad Al Jazeera un collega.

Yaser Murtaja è morto dopo ore di agonia, aveva un figlio piccolo e una moglie. Anche un altro fotoreport­er, Khalil Abu Athira, è stato colpito durante gli scontri. Ieri il sindacato dei giornalist­i palestines­i ha convocato una protesta a Ramallah in contempora­nea con i funerali di Murtaja.

Salgono dunque a dieci i palestines­i uccisi venerdì scorso nei violenti scontri con l’esercito israeliano sul confine tra Gaza e lo Stato ebraico, Lo confermano fonti mediche della Striscia che parlano anche di 1.354 feriti, di cui 33 gravi. Tra i feriti ci sono una ventina di donne e 80 minorenni. La protesta, denominata Marcia del ritorno, è iniziata il 30 marzo con manifestaz­ioni e sit-in alla frontiera con Israele. Da quel giorno hanno perso la vita 32 palestines­i. Israele ha schierato cecchini e ha assicurato che non permetterà a nessuno di avvicinars­i o oltrepassa­re la barriera di sicurezza.

Venerdì erano circa 20.000 i manifestan­ti che hanno bruciato copertoni raccolti e accumulati in settimana per alzare colonne di fumo nero e coprire il lancio di sassi e bottiglie molotov.

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Il desiderio Yaser Murtaja con la macchina fotografic­a. Il rammarico: non aver mai potuto viaggiare

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