Corriere della Sera

«Il sistema di Orbán in Ungheria? Un mix di affari e feudalesim­o»

- DAL NOSTRO INVIATO

BUDAPEST Signora Heller, lei critica duramente Orbán.

«Sì. E criticavo duramente anche János Kádár, sotto il regime comunista».

Touché. Ma perché Viktor Orbán?

«Perché ha di fatto abolito la libertà di stampa, perché usa fondi europei per far arricchire i suoi amici e familiari, perché le scuole e la sanità pubblica in Ungheria sono in una situazione tragica. Perché vuole controllar­e anche la cultura: sa che nell’unico libro di Storia ora in uso nei licei, l’ultimo capitolo è dedicato a Orbán? Neppure Kádár lo aveva fatto. Orbán è un tiranno».

Avrà anche 88 anni Ágnes Heller. Ma è in forma strepitosa, brillante e pungente come quando negli Anni 70 teorizzava i «bisogni radicali». Sopravviss­uta all’olocausto, allieva di Gyorgy Lukacs, Heller è stata leader della Scuola di Budapest, la corrente filosofica del marxismo dissidente nei Paesi dell’est socialista.

Ma perché la maggioranz­a appoggia Orbán?

«Il 60% non vota per lui. Ma restiamo alla sua domanda. L’ungheria è un Paese molto nazionalis­ta a causa della sua storia, dal Trattato del Trianon alla dominazion­e sovietica. Orbán con la sua retorica sa toccare questo nervo scoperto. Si erge a difensore della patria contro gli immigrati, l’unione Europea, le Ong, l’onu. E questo fa presa sull’orgoglio degli ungheresi, che vedono in lui il salvatore».

Non sarà anche per l’economia che va molto bene?

«Va bene per gli amici e gli amici degli amici. Voglio aggiungere un’altra cosa: gli ungheresi non sono abituati alla democrazia, si aspettano ogni cosa dall’alto, una volta era il re, poi fu il segretario del partito, oggi è il premier. Conoscono ancora un solo diritto, lo jus supplicati­onis, il diritto di supplica. Al governo chiedono un favore e lo ottengono se lo appoggiano. Un esempio? Oggi in Ungheria non puoi aprire un’attività se non sostieni Fidesz. Il sistema Orbán è una combinazio­ne tra feudalesim­o e mafia».

È pessimista sull’esito del voto di domani?

«Non sono né pessimista né ottimista. L’unica speranza è che Fidesz non prenda nuovamente i due terzi dei deputati. Sarebbe già un risultato, in presenza della montagna di bugie e della mobilitazi­one totale. Perfino i funzionari pubblici fanno propaganda per il governo a spese nostre, mentre il 97% dei media è controllat­o da Fidesz».

Sembra una dittatura.

«Non mi piace usare questo termine, perché è associato indissolub­ilmente al nazismo o al comunismo. L’ungheria non è un Paese totalitari­o. Ma sicurament­e è una tirannia. Succede solo ciò che Orbán vuole. È un po’ il modello di Putin e Erdogan, anche se l’appartenen­za all’ue lo rende più prudente e non può permetters­i di fare come loro. Ma ha detto chiarament­e che se vince si vendicherà degli avversari. Come un tiranno».

Pensa che l’europa sia troppo indulgente con lui?

«Sì. L’ungheria è un piccolo Paese e non viene considerat­o un vero problema. Poi c’è la protezione accordata a Orbán dal Partito popolare europeo, che ha bisogno dei voti di Fidesz nel Parlamento di Strasburgo. Invece dovrebbero prenderlo più seriamente, perché Orbán non è solo un fenomeno ungherese, è ormai un modello per i populisti ovunque, in Francia, in Italia, in Germania».

C’è una chance che perda?

«Molto remota. Non dipende dai partiti di opposizion­e, ma dagli elettori che dovrebbero votare un solo candidato anti Fidesz in ogni circoscriz­ione. Ma succederà solo limitatame­nte».

Cosa succedereb­be se Orbán perdesse?

«Non credo accettereb­be la sconfitta. Ho timore di disordini e sollevazio­ni. Ricordiamo­ci che controlla forze armate e polizia. Lo credo capace di tutto. Penso che se i partiti

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Tirannia L’ungheria non è un Paese totalitari­o. Ma sicurament­e è una tirannia

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Orbán agisce sul modello di Putin e Erdogan. Anche se l’appartenen­za all’ue lo rende prudente

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