Corriere della Sera

Il dramma al corso per scialpinis­ti Roberto e Carlo uccisi dalla valanga

Valle d’aosta, erano in un gruppo di 22 persone. «Tutti esperti». Indagine dei pm

- Giusi Fasano

Tanti puntini scuri che si muovono come formiche su un tappeto di neve immenso. Questo mostrano le immagini girate ieri mattina dall’elicottero del soccorso alpino della Valle d’aosta. Quei puntini erano 18 scialpinis­ti dell’emilia Romagna che cercavano disperatam­ente di salvare quattro loro compagni travolti da una valanga. Quando le ricerche saranno finite, ore dopo, lo stesso elicottero porterà a valle due feriti in stato di ipotermia e due morti.

Era una giornata spettacola­re, ieri, sui monti che fanno da cornice a Pila, famosa località di Gressan. Si trova da quelle parti il colle di Chamolé, passaggio obbligato per chi vuole raggiunger­e il rifugio Arbolle. Ed era proprio quel rifugio la meta di ventidue scialpinis­ti della scuola Cai «Pietramora», impegnati in due giorni di formazione sui pendii valdostani e arrivati dalle sezioni del Club alpino italiano di Cesena, Faenza, Forlì, Imola, Ravenna e Rimini. Non c’erano particolar­i controindi­cazioni lungo il percorso scelto dal gruppo. Basso il rischio valanghe (tre su una scala di cinque), buona la visibilità, buone le previsioni del tempo. «Unica cosa leggerment­e fuori dai parametri normali era la temperatur­a un po’ più elevata del solito», racconta Adriano Favre, responsabi­le del soccorso alpino della Valle d’aosta. Un dettaglio che potrebbe aver fatto la differenza facilitand­o il distacco della valanga, diventata materia di un’inchiesta aperta ieri stesso dalla Procura di Aosta.

È successo tutto verso le 11. Gli scialpinis­ti che partecipav­ano al corso, tutti già esperti di montagna, erano in gran parte arrivati in cima a un pendio che dall’alto di Col Chamolé scivola giù fino al lago omonimo. I quattro rimasti travolti dalla valanga erano più in giù, esattament­e sulla rotta della massa di neve che si è staccata dal punto in cui erano i loro compagni.

Carlo Dall’osso aveva 52 anni, di Imola. Per recuperare il suo corpo è stato necessario l’intervento dei sommozzato­ri dei Vigili del fuoco che hanno dovuto ripescarlo dalle acque del lago nel quale la neve lo ha trascinato, dopo che pezzi di ghiaccio scivolati giù con la slavina hanno aperto un varco nella superficie gelata. Roberto Bucci, la seconda vittima, aveva 28 anni, era laureato in Scienze motorie e lavorava come istruttore in una palestra di Faenza, in provincia di Ravenna. Sono stati ritrovati e salvati sotto oltre due metri di neve, invece, gli altri due travolti: per loro, soccorsi in tempi molto rapidi, uno stato di ipotermia non grave e prognosi di 10 e 20 giorni.

La prima ricostruzi­one degli uomini del Soccorso alpino e della Guardia di finanza di Entreves ipotizza che il passaggio di tante persone, gli scialpinis­ti che erano più in alto rispetto alle vittime, sia stato una concausa del distac- Le vittime

Da sinistra: Roberto Bucci, 28 anni, di Faenza, rimasto sotto la valanga di Pila. Carlo Dall’osso, 52 anni, di Imola, è stato trascinato dalla slavina in un lago ghiacciato co della valanga, aiutata dalle temperatur­e di questi ultimi giorni, dalla pendenza e dal tipo di neve accumulata. Il fronte della massa bianca venuta giù fino al lago è di 200250 metri. Quell’enorme nuvola bianca è scivolata a valle per più di 500 metri e dal versante si sono staccati strati di neve così profondi da lasciar intravvede­re, in alcuni punti, l’erba. «Si è scaricato il versante intero» per dirla con Adriano Favre. Dall’elicottero del soccorso alpino tutta quella neve lontana è un angolo increspato nel mezzo di un tessuto liscio. Da vicino è l’ennesimo dramma di due vite perdute in montagna.

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