Corriere della Sera

Il jihadista di 15 anni e il team di pedagogist­i che prova a rieducarlo

Denunciato a Trieste: «Voleva colpire a scuola»

- Marta Serafini (Ansa)

Un adolescent­e attivo in rete e pronto a sacrificar­si in nome dell’isis. È dicembre 2016 quando alla Sezione per il contrasto al Cyberterro­rismo della Polizia Postale in collaboraz­ione con la Digos di Trieste e Udine danno il via all’operazione Ansar e iniziano a indagare su «Khilafah News Italia». A preoccupar­e l’intelligen­ce è un canale di Telegram di propaganda jihadista in italiano, come segnalato anche dal Corriere della Sera già in ottobre. Video di decapitazi­oni, guide per aggirare i controlli online o per costruire ordigni. Con l’hashtag #califfatoi­t, vengono veicolati messaggi che incitano i seguaci dell’isis all’azione. Il 19 dicembre arriva anche la rivendicaz­ione dell’attentato di Berlino tradotta in italiano. «A inizio indagini eravamo convinti di essere in presenza di un adulto, tanta era l’abilità tecnica con cui usava modalità di navigazion­e protetta e traduceva dall’arabo. Poi dall’indirizzo IP siamo risaliti all’abitazione» spiega Nunzia Ciardi alla guida della Postale.

Il profilo non ha precedenti: quindici anni, di origini algerine, una «personalit­à forte», studi regolari. L’accusa è di proselitis­mo con finalità di terrorismo, reato che per i maggiorenn­i comporta l’espulsione o l’incarceraz­ione. Dalle chat intercetta­te si profila la possibilit­à che il ragazzo possa passare all’azione con un ordigno nella scuola che frequenta. Da un controllo dello zaino emergono manoscritt­i in arabo e una bandiera dell’isis. La procura di Trieste e il Tribunale dei minori studiano una soluzione alternativ­a alle misure coercitive. «Il minore è stato (ed è tuttora) sottoposto a colloqui con pedagogist­i senza inficiare la sua formazione religiosa e la famiglia è affiancata dai servizi sociali», afferma il procurator­e capo di Trieste Carlo Mastelloni.

È il primo tentativo con un minore. Deradicali­zzazione e prevenzion­e le chiamano gli specialist­i. «Sono modelli utilizzati anche all’estero, un approccio nuovo per l’italia che sta dando buoni risultati perché coinvolge tutti i livelli investigat­ivi e allarga il raggio d’azione a insegnanti, educa- tori, operatori sociali, permettend­oci di intervenir­e prima che il soggetto entri in azione», spiega Claudio Galzerano, capo divisione Antiterror­ismo dell’ucigos. È lo spirito della legge Dambruoso-manciulli arenata in Senato con la fine della legislatur­a. Tradotto, significa «tarare il tipo di intervento, a seconda che si tratti di un adolescent­e, adulto, detenuto, maschio o femmina», spiega Cristina Caparesi membro del gruppo della Commission­e Europea RAN, creato dopo la strage di Utoya. Le opzioni sono diverse. «Importante è la figura del mentore». Altra opzione, coinvolger­e un imam che rieduchi a una versione pacifica dell’islam. «Qui però — avverte Lorenzo Vidino dell’ispi e a capo della commission­e indipenden­te anti radicalizz­azione del governo uscente — è più complicato trovare gli interlocut­ori giusti». Tentativi che possono contribuir­e a salvare vite umane. Il fatto

● Un minorenne italiano di origini algerine è stato denunciato alla fine dell’indagine della Polizia, condotta dalla sezione Cyberterro­rismo della Polizia Postale di Trieste e dalle Digos di Trieste e Udine

● C’era lui dietro due chat e diversi canali Telegram in cui venivano diffusi messaggi di propaganda dell’isis in italiano e atti per spingere a realizzare attentati

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(Ansa) La chat e il video I dialoghi Un passaggio delle conversazi­oni nelle chat all’interno di Telegram gestite da un minorenne italo-algerino in cui venivano diffusi messaggi di propaganda dell’isis tradotti in italiano
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Propaganda Uno dei video jihadisti diffusi attraverso chat e canali Telegram gestiti dal minorenne di origine algerina denunciato dalla polizia. Il video proviene dall’iraq

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