Il violino, il pollice o l’aeroplanino: esultare in campo
La felicità come moto intimo dell’animo? Non nel calcio, che nell’ampio arco costituzionale degli sport è quello che prevede l’esultanza più plateale, spesso davanti a platee (televisive, in streaming e social) sconfinate. Se il gol — cioè l’atto della palla che varca la linea della porta — è il gesto sportivo più immediato e comprensibile a tutti, esperti e non, la gioia per il gol è il rito pagano declinato con più fantasia dai calciatori, capaci di inventarne versioni personalizzate che hanno fatto la storia del costume. Dalla smitragliata di Gabriel Batistuta alla mano all’orecchio di Luca Toni, campione del mondo 2006 con l’italia («Eravamo con degli amici al ristorante a Palermo ed è spuntato fuori questo gesto per far risaltare una cosa di cui stavamo parlando. Come per dire: hai capito? Quindi scherzando ho detto: se faccio gol domenica inizio a esultare così. Poi è diventato un gesto scaramantico, perché da quel momento ho cominciato a fare tantissime reti...»), dal violino di Alberto Gilardino al pollice in bocca di Francesco Totti (da allora usato da chiunque voglia comunicare al mondo l’arrivo di un figlio), dalla robot dance di Peter Crouch al bacio all’anello di Raul, dalla mossa di Ronaldo (braccia e gambe larghe) alla capriola in volo di Miroslav Klose: dimmi come esulti e ti dirò chi sei. Il Daily Mirror si è addirittura preso la briga di fare la classifica delle migliori esultanze del pallone, decretando che l’aeroplanino di Vincenzo Montella è la felicità n°1 degli anni Duemila.