Corriere della Sera

«La Cassa Depositi nel capitale Tim? Non è statalismo, interesse strategico»

Calenda: progetto di public company. Cottarelli: aria di ritorno di partecipaz­ioni statali

- Lorenzo Salvia

«Per la cronaca nessuno sta mettendo lo Stato da nessuna parte ma supportand­o un progetto che prevede una public company, sogno proibito di ogni liberista ben educato». Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda torna sulle polemiche nate dopo che Cassa depositi e prestiti, controllat­a dal ministero dell’economia, ha annunciato l’intenzione di comprare fino al 5% delle azioni di Tim. Un’operazione «tutela Italia» che arriva nel momento in cui il fondo americano Elliott punta a scalzare dalla plancia della compagnia telefonica i francesi di Vivendi. E che potrebbe trasformar­e Tim in una public company, un’impresa a proprietà diffusa, per poi cedere poi allo Stato il controllo della rete. «Nessuno difende le partecipaz­ioni statali — scrive ancora Calenda — Cassa depositi e prestiti non sta assumendo il controllo di Tim. Ma Tim possiede un asset di interesse pubblico, la rete, ed è giusto presidiare perché le ultime proprietà non sono state precisamen­te impeccabil­i. Da qui allo statalismo ce ne passa».

Ma le parole del ministro non chiudono il dibattito. «Non sto a parlare in termini di operazioni specifiche. Ho in generale una preoccupaz­ione, maturata negli ultimi anni, che si ricreino le partecipaz­ioni statali», dice Carlo Cottarelli, ex commissari­o del governo per la spending review, «La cosa è un po’ strana — dice ancora Cottarelli, il cui nome continua a circolare nel toto ministri — perché tutti si lamentano della proliferaz­ione delle partecipat­e locali. Però al tempo stesso non è che si può ricreare il capitalism­o a livello di Stato». Un’altra lettura arriva da Riccardo Gallo, professore di Economia alla Sapienza ed ex vice presidente dell’iri, a suo tempo «cassa» delle partecipaz­ioni statali: «C’è tutto l’arco parlamenta­re contro i francesi», cioè contro Vivendi. E questo perché il «partito di Renzi ha chiesto a Enel un progetto faraonico per rifare la rete. Il partito di Berlusconi ha detto questi francesi hanno le tv e non ci piacciono. Mentre M5S e Lega sono genericame­nte per il ritorno del pubblico».

Dopo l’annuncio di Cdp, il titolo di Tim è salito. Per questo il Codacons ha presentato un esposto a Consob, Corte dei conti e procura di Roma. L’associazio­ne dei consumator­i chiede di bloccare un’operazione che «potrebbe configurar­e una forma di insider trading e rappresent­are un danno erariale» a meno che l’acquisto di azioni Tim non avvenga «al prezzo di mercato precedente l’incauto annuncio». Ma c’è anche un problema più generale.

Sebbene controllat­a dal ministero dell’economia, Cdp è fuori dal perimetro della pubblica amministra­zione. Per questo è stata utilizzata in passato per privatizza­zioni più contabili che di sostanza, in particolar­e sugli immobili pubblici. Utilizzarl­a adesso per fare il tragitto inverso, dal privato verso il pubblico, potrebbe attirare l’attenzione dei controllor­i di Bruxelles.

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