Non la Rivoluzione, ma tante rivoluzioni. Tutte a Genova
Rassegne Dal 12 al 15 aprile nella città ligure il festival La Storia in Piazza, dedicato ai sommovimenti politici, economici e spirituali. Concludono Canfora e Cardini
Nello scorso autunno in Russia il centenario della rivoluzione d’ottobre è passato in sordina. D’altronde oggi sul Cremlino sventola la bandiera tricolore che fu l’insegna dei Bianchi durante la guerra civile e il presidente Vladimir Putin, pur provenendo dall’istituzione che fu la spina dorsale del sistema sovietico (il servizio segreto Kgb), rivendica una forte continuità con il passato zarista, che invece Lenin aveva voluto spezzare. Ma l’idea di rivoluzione va ben oltre l’esperienza russa, è un concetto universale che assume via via con il tempo significati diversi, del quale tuttora non possiamo fare a meno.
Per questo gli organizzatori del festival La Storia in Piazza di Genova hanno deciso di coniugarlo al plurale, intitolando «Rivoluzioni» la nona edizione della rassegna, che si tiene nella città ligure dal 12 al 15 aprile. Tra gli argomenti di cui si discuterà troviamo quindi l’ottobre bolscevico, ma anche la rivolta delle colonie inglesi d’america, la Riforma protestante, i sommovimenti cinesi, la presa della Bastiglia e la Comune di Parigi, anche il Risorgimento italiano.
La manifestazione, organizzata e promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura con la partecipazione degli enti locali e della Camera di Commercio, più la collaborazione di altre istituzioni, è curata quest’anno da Luciano Canfora e Franco Cardini, che si confronteranno nella serata finale dell’iniziativa. E sarà interessante vedere come tireranno le fila di un festival che tra i suoi protagonisti annovera molti altri storici (tra cui Alessandro Barbero, Giovanni De Luna, Gilles Pécout, Adriano Prosperi) e anche l’attore Moni Ovadia.
Nella presentazione della rassegna Canfora insiste sull’aspirazione all’eguaglianza, spesso delusa o repressa, che torna a manifestarsi nel tempo come motore dei tentativi rivoluzionari, a dimostrazione della loro «necessità». Cardini, per evocare il mito rivoluzionario, cita una formula di Karl Marx (nato nel 1818): «Il passaggio dal regno della necessità al regno della libertà». La definisce «contestabile, illusoria, fallace», ma al tempo stesso «bellissima». Del resto le rivoluzioni sono sempre così, un impasto di speranze, errori, cambiamenti, conflitti dolorosi.
Vale per i rivolgimenti politici, ma anche per le trasformazioni spirituali, sociali ed economiche, che spesso producono effetti ancora più profondi nel modo di comportarsi e di pensare degli esseri umani. A Genova andranno quindi in scena le grandi svolte religiose, poi la rivoluzione dei consumi, quella femminile e quella sessuale. E ben quattro rivoluzioni industriali oltre a quella digitale, oggi nel pieno del suo corso travolgente.
Non mancherà neppure la «rivoluzione conservatrice» tedesca, che minò la Repubblica di Weimar (sorta nel 1918, ecco un altro centenario). Perfino il colonialismo sarà visto nel suo aspetto rivoluzionario, come esportazione forzata nel mondo della modernità occidentale.