Corriere della Sera

Cercasi fantasia Sagan attacca Ganna ci spera

- Marco Bonarrigo

COMPIÈGNE «Sogno un ciclismo dove si moltiplich­ino i Nibali: corridori creativi e coraggiosi che gareggino tutto l’anno e non stiano sempre nascosti in ritiro». Christian Prudhomme, boss del Tour del France, arringa i giornalist­i sulla piazza di Compiègne mentre — sotto il sole cocente, tra soldati armati fino ai denti per la paura di attentati — gli eroi della Roubaix fanno passerella tra i tifosi. La vittoria dello Squalo alla Sanremo e la zampata che ha sparigliat­o il Fiandre hanno lasciato il segno. C’è voglia di corsa creativa, di vincitore che non ti aspetti, di fantasia tattica. E qui, nell’inferno del Nord, di un’idea per strappare controllo della gara e vittoria alla belga Quick Step, che ha vinto metà delle classiche fiamminghe degli ultimi 10 anni e oggi lancia tre punte assolute (Terpstra, Gilbert, Stybar) e due mezze punte (Keisse, Lampaert) che farebbero gola a qualunque altro team. Un dominio che innervosis­ce gli avversari. A Sagan, che attacca Bmc e Sky («Corrono sempre a ruota, così la Quick Step va a nozze»), ribatte il divo (in pensione) Tom Boonen: «Peter pensi a vincere, se ci riesce: sul piano tattico non mi è sembrato sveglissim­o». La realtà è che per Quick Step vincere uno dei due «monumenti» fiamminghi è questione di vita o di morte (finanziari­a): nessuno ha supporto e motivazion­i simili. Tra i favoriti, il campione uscente Greg Van Avermaet vanta una squadra (la Bmc) solida ma meno adatta al tracciato, come del resto l’education First del suo erede Sep Vanmarcke. Sky ha rinunciato a Kwiatkowsk­i (si dedicherà alle Ardenne), la Lotto-soudal al talento Benoot, stanco morto. Ecco che in una corsa che conferma 29 settori in pavé in 257 chilometri, presumibil­mente asciugati dal gran caldo, è caccia a chi possa fare un’azione alla Nibali o almeno provarci. I francesi pensano all’azzimato velocista Demare, gli inglesi a Thomas, i danesi a quel Pedersen che ha ben figurato al Fiandre, i norvegesi al vecchio Kristoff. Noi italiani ci affidiamo al talento ancora acerbo di Gianni Moscon, all’esperienza fiamminga di Matteo Trentin e magari a un guizzo del giovanissi­mo Filippo Ganna, unico italiano in 50 edizioni a vincere (correva il 2016) la Roubaix «espoir» riservata alle promesse del ciclismo. La speranza (aspettando Nibali nel 2019?) è di rompere un digiuno lungo ormai 19 anni: il più lungo della storia del nostro ciclismo.

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