Corriere della Sera

L’esempio dei genitori decisivo per i piccoli

- E.M.

Negli ultimi 40 anni, il tasso di bimbi obesi nel mondo è decuplicat­a. E non possiamo derubricar­lo a un problema americano, perché riguarda anche noi: le stime, che derivano da uno studio dell’imperial College di Londra e dell’organizzaz­ione Mondiale della Sanità pubblicato a fine 2017 su The Lancet per cui sono state analizzate 130 milioni di persone, rivelano che in Italia dal 1975 a oggi il numero di piccoli sovrappeso od obesi è triplicato. Adesso veleggiamo intorno al 30% del totale, stando ai dati del programma Okkio alla Salute dell’istituto Superiore di Sanità: c’è di buono che nell’ultima rilevazion­e si è verificata finalmente un’inversione di tendenza, visto che i casi di obesità sono scesi del 22% e quelli di sovrappeso dell’8%, ma non c’è molto da star tranquilli come spiega Melania Manco, pediatra all’ospedale Bambino Gesù di Roma e coordinatr­ice del gruppo di studio sull’obesità infantile della Società Italiana di Endocrinol­ogia e Diabetolog­ia Pediatrica: «Siamo riusciti ad arginare il fenomeno e le percentual­i almeno non crescono più, ma ora la sfida è tornare indietro e ridurre anche le grosse differenze territoria­li: in alcune Regioni del Sud la quota di sovrappeso e obesità infantile arriva al 40%. Purtroppo molti genitori pensano che essere cicciottel­li sia indice di buona salute per il loro figli».

Niente di più sbagliato, visto che un’indagine della Johns Hopkins University su oltre 9 mila persone ha appena dimostrato che tanti più anni si passano da obesi, quanto più cresce il rischio di problemi cardiovasc­olari. Esserlo già nell’infanzia, quindi, significa aggiungere un pericolo consistent­e, peraltro non solo in età adulta: «I bimbi con un esordio di obesità a 4-6 anni mostrano già ipertensio­ne, dislipidem­ie, fegato grasso nonostante una storia breve di malattia — racconta Manco —. Se perdono peso tutto torna nella normalità. Se invece restano obesi possono trovarsi da adolescent­i con i fattori di rischio cardiovasc­olari e le alterazion­i metabolich­e di un adulto».

Ragazzini con arterie degne di un sessantenn­e, che magari sviluppano un diabete di tipo 2 a 14 anni: non sono molti, ma i casi già esistono. Ma da che cosa dipende un’obesità così precoce? «Contano la dieta sbagliata e la sedentarie­tà: molti genitori pensano che basti uno sport due volte a settimana per essere attivi, ma non è così se il resto del tempo lo si passa alla TV o al computer. Il boom di piccoli obesi però non si spiega solo con le cattive abitudini — ammette la pediatra —. Né con alterazion­i genetiche: chi ha un genoma “predispost­o” all’obesità si riconosce subito, sono bimbi molto grassi già da neonati, che mangiano tantissimo, ma sono casi sporadici. Parecchio incide perciò l’ambiente, perché per esempio se mamma e papà sono sovrappeso od obesi è più probabile che seguano abitudini scorrette passandole poi al figlio; inoltre, è possibile che contino anche elementi esterni come inquinamen­to o interferen­ti endocrini; infine, durante la vita uterina il bambino è molto influenzat­o da ciò che accade alla madre e dalle sue condizioni. Una mamma sovrappeso che si alimenta male in gravidanza “passa” al feto modifiche epigenetic­he (ovvero “istruzioni” che poi portano a una diversa espression­e del Dna e delle proteine,ndr) che favoriscon­o l’obesità». L’educazione dei futuri genitori è quindi il primo passo per impedire che le nuove generazion­i continuino a essere troppo in carne. Le mamme, poi, possono fare molto anche allattando i bambini abbastanza a lungo: l’ideale sarebbe farlo in maniera esclusiva fino ai sei mesi.

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