Corriere della Sera

Meglio grassi e in forma O magri in affanno?

Alcuni studi dicono che i sovrappeso vivono più a lungo dei normopeso che, per esempio, fumano. Ciò non toglie che sia meglio smaltire i chili di troppo

- Alice Vigna

Ese fosse vero che «grasso è bello»? Alcune ricerche sembrano suggerire che essere obesi non sia per forza una condanna. I primi dati a mettere in dubbio l’assioma per cui la «ciccia» è sempre negativa risalgono a uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Associatio­n (Jama) una trentina di anni fa, che dimostrò come avere una funzionali­tà cardioresp­iratoria ottimale contasse molto di più del peso nel determinar­e il destino: in sostanza, si osservò che le persone con una buona fitness vivevano di più rispetto a chi era meno in forma, a prescinder­e da fattori come il fumo o il peso. Risultati confermati da una revisione su 10 studi condotti nei decenni successivi su circa 93 mila persone: quando la fitness è scarsa la mortalità cresce sempre, invece chi è in buona forma è più protetto indipenden­temente dall’indice di massa corporea.

Possiamo allora permetterc­i di ignorarlo? Meglio frenare gli entusiasmi, nessun via libera all’aumento di peso indiscrimi­nato, come spiega Ferruccio Santini, docente di Endocrinol­ogia all’università di Pisa e presidente eletto della Società Italiana dell’obesità: «L’indice di massa corporea è un parametro che può servire negli studi di popolazion­e, ma a livello del singolo individuo ha poco significat­o. Non dice infatti nulla della proporzion­e del grasso rispetto alla massa muscolare, né di come sia distribuit­o: non tutto fa male infatti, quello dannoso è il grasso viscerale attorno agli organi, responsabi­le della pancia. La misura del girovita, quindi, sarebbe già più indicativa: un uomo con gambe e braccia fini ma la pancia grossa può avere un indice di massa corporea basso ma il suo rischio cardiovasc­olare è sicurament­e alto». «Pure la quantità relativa di grasso e muscoli fa la differenza — prosegue Santini –. Il muscolo produce ormoni favorevoli per lo stato di salute generale e una buona massa muscolare si associa a un migliorame­nto della qualità e della durata di vita: non c’è quindi contraddiz­ione fra i dati raccolti negli ultimi anni e il concetto che i chili di troppo fanno male, il grado di fitness è sicurament­e un indicatore delle condizioni del singolo più valido rispetto all’indice di massa corporea».

Fare esercizio fisico è perciò il modo migliore per prevenire l’obesità e pure per riportare indietro l’ago della bilancia: non a caso, infatti, solo chi dimagrisce facendo sport ha una buona probabilit­à di non recuperare i chili persi.

«Vale anche per gli obesi, proprio perché a prescinder­e dall’indice di massa corporea allenare i muscoli protegge la salute — continua Santini —. Nei casi più estremi servono esercizi adattati, ma chiunque deve muoversi perché più ci si allena, più diminuisce il grasso interno che fa più male». Nessuna incongruen­za allora, fare esercizio è l’unico elisir di lunga vita: tra l’altro dati raccolti su oltre 14 mila uomini confermano che con l’andare degli anni conta di più premurarsi di restare attivi che impedire un modesto aumento di peso.

Ma come la mettiamo col paradosso dell’obesità, secondo cui esisterebb­e una sorta di obesità «metabolica­mente sana», in cui accanto ai chili di troppo non ci sarebbero ipertensio­ne, diabete o alterazion­i dei lipidi nel sangue? Alcuni studi poi hanno segnalato che essere sovrappeso od obesi migliorere­bbe la sopravvive­nza rispetto a chi è normopeso, perfino in pazienti con problemi cardiovasc­olari: possibile? Fermo restando l’effetto protettivo della forma fisica (non valutato da molte delle indagini che sostengono l’esistenza del paradosso), Santini fa notare che «Per molte patologie, dai tumori alle infezioni, essere magri è uno svantaggio perché si hanno meno risorse fisiche e nelle fasi terminali si muore prima. Chi ha le “riserve” di energia del sovrappeso vive un po’ più a lungo, ma il gioco non vale la candela perché in linea generale l’effetto dei chili di troppo è sempre di accorciare l’aspettativ­a di vita». «Di fronte a una malattia molto grave è possibile che l’obeso viva un po’ di più: anche chi ha uno scompenso cardiaco tende a perdere peso e quindi un paziente che in partenza non abbia chili di troppo potrebbe sopravvive­re meno di chi ha tanti grassi a cui poter attingere pure per far funzionare il cuore — conferma Paolo Sbraccia, direttore del Centro per la Cura dell’obesità al Policlinic­o Tor Vergata di Roma —. Tutto ciò però non deve assolutame­nte servire a far passare un messaggio fuorviante: per un minimo vantaggio in una fase terminale di vita non si può rischiare di dover convivere con una malattia, l’obesità, che è responsabi­le di un notevole aumento della disabilità e del rischio di ammalarsi, dimostrati al di là di ogni dubbio».

Lo conferma un’indagine pubblicata nelle scorse settimane su JAMA Cardiology per la quale sono state seguite quasi 200 mila persone, con dati raccolti nell’arco di 50 anni: chi è sovrappeso od obeso ha un’aspettativ­a di vita inferiore e soprattutt­o sviluppa prima le malattie cardiovasc­olari, condannand­osi a vivere più a lungo da malato. Le donne, poi, sembrano più fragili di fronte ai danni dei chili di troppo: basta già un modesto sovrappeso ad

Il paradosso Esisterebb­e un’obesità «metabolica­mente sana», cioè priva di patologie connesse

accorciarn­e l’aspettativ­a di vita. Gli obesi senza parametri sballati, quindi, o sono un’eccezione che conferma la regola o prima o poi avranno qualche guaio. «Il paradosso dell’obesità è un equivoco che ha creato parecchi danni — ha osservato l’autore, Sadiya Khan della Northweste­rn University —. Perdere peso riduce la probabilit­à di moltissime malattie. Si vive meglio e più a lungo da magri».

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