Corriere della Sera

IL DIFFICILE IMPATTO CON LE CIFRE

Le idee e la realtà Come alcuni anni fa è avvenuto in Portogallo in una situazione analoga, sarà decisivo il ruolo che giocherà il presidente della Repubblica

- di Ferruccio de Bortoli

Il Portogallo è uno splendido Paese. Vi risiedono migliaia di pensionati italiani ai quali della flat tax non importa nulla avendo l’esenzione fiscale per dieci anni. Nel 2011 era sull’orlo del crollo, un po’ come l’italia del governo Berlusconi. Invocò l’aiuto dell’europa che concesse un credito di 78 miliardi. Lisbona accettò tutte le condizioni dei creditori e, dopo tre anni, uscì dal programma di assistenza finanziari­a. Alle elezioni del 2015, la coalizione di governo (centrodest­ra) arrivò prima ma senza ottenere la maggioranz­a. Poco davanti all’alleanza di centrosini­stra, che aveva fatto dell’opposizion­e al rigore la propria bandiera elettorale. Ma erano stati i socialisti, con il premier Socrates, a chiedere nel 2011 l’intervento europeo. E ne pagarono subito un prezzo politico: dovettero cedere la guida del governo ai liberali e moderati di Passos Coelho. Cambiarono poi posizione, dissero no all’austerità ma persero voti. Comunisti e verdi, da sempre contrari all’euro e persino alla Nato, ricevetter­o invece numerosi consensi. E divennero decisivi per la formazione del nuovo governo.

Andato a vuoto il tentativo di una grande coalizione, l’allora presidente della Repubblica Cavaco Silva (si trovava in quello che noi chiameremm­o il semestre bianco) diede l’incarico al socialista Costa di formare l’esecutivo con l’appoggio esterno delle due formazioni di estrema sinistra. Ma solo dopo essersi sincerato che venissero accettate alcune condizioni.

La principale: non disperdere i sacrifici delle riforme e i vantaggi del consolidam­ento fiscale. Quindi, approvare la legge di bilancio con gli obiettivi già fissati in precedenza; rispettare i vincoli dell’eurozona, inclusa la rinuncia alla ristruttur­azione del debito, sventolata in campagna elettorale come inevitabil­e dal Blocco di Sinistra; permanenza del Portogallo nella Nato.

Il governo Costa non ha però rinunciato, in questi anni, a rimodulare la spesa pubblica, ad aumentare le pensioni più basse e a elevare il salario minimo, un seppur pallido reddito di cittadinan­za. La ripresa dell’economia del Portogallo è stata sempliceme­nte spettacola­re. Il deficit si è ridotto, la disoccupaz­ione è scesa. Il turismo esploso, le esportazio­ni a gonfie vele. Dopo Irlanda e Spagna, quella del Portogallo è stata la ricetta di ristruttur­azione economica europea di maggior successo. Il ministro delle Finanze, il tecnico indipenden­te Centeno, è ora il presidente dell’eurogruppo. Il suo collega tedesco, il falco per antonomasi­a Schäuble, disse di lui che era come Cristiano Ronaldo. Per la straordina­ria rovesciata (ci perdonino i tifosi juventini) impressa all’economia portoghese. La buona austerità fa bene. Si tagliano le spese improdutti­ve e si promuovono gli investimen­ti nel quadro delle compatibil­ità di bilancio e dei vincoli europei senza i quali il Portogallo sarebbe stato abbandonat­o, anche dai mercati, al suo destino. Si pensava poi che il nuovo capo dello Stato portoghese, il conservato­re Rebelo de Sousa, sostenuto pubblicame­nte anche dall’ex allenatore dell’inter Mourinho, potesse sciogliere il Parlamento e mandare a casa gli estremisti. Si è ben guardato dal farlo.

Come si può constatare, le analogie con la situazione italiana non mancano. Certo a Lisbona non ci sono partiti formalment­e populisti, ma certamente in origine euroscetti­ci. C’è una dinamica ancora sostanzial­mente bipolare fra conservato­ri e socialisti. Il capo dello Stato viene eletto direttamen­te. Il successo lusitano è stato reso possibile anche

Svolta Il precedente portoghese insegna che esiste una buona austerità e che fa molto bene

grazie al pragmatism­o di alcune forze politiche radicali che hanno cambiato le loro idee. In campagna elettorale non è proibito sognare. Al governo si fanno i conti con i numeri. Con la dura realtà. E chi poi ottiene buoni risultati non perde voti. Anzi, li guadagna come dimostra l’esperienza del socialista Costa.

Questa presa d’atto, nel dibattito politico italiano, non è ancora avvenuta. Si continua a discutere in assenza di gravità, sospesi nella rappresent­azione fiabesca delle promesse. Nel primo giro di consultazi­oni il presidente Mattarella ha esercitato una preziosa funzione maieutica. E, come ha scritto sul Corriere a cura di Alessandra Muglia Marzio Breda, non ha mancato di ricordare ai suoi interlocut­ori i vincoli europei e gli impegni internazio­nali dell’italia. Immaginiam­o che nel secondo, da giovedì prossimo, possa continuare nella sua opera di educazione politica, nel suo esercizio di sano realismo. L’esperienza positiva del suo omologo portoghese è certamente utile. E persino incoraggia­nte. Essendo il massimo garante della Costituzio­ne, pensiamo che Mattarella non trascurerà di parlare con i propri ospiti del dettato dell’articolo 81, modificato nel 2012 per introdurre il pareggio di bilancio struttural­e (cioè al netto del ciclo e delle misure una tantum). Votarono a favore quasi tutti —

Adeguament­o Il successo lusitano è stato possibile grazie a forze radicali che hanno mutato le loro posizioni

salvo poi in parte pentirsi — dal Pd all’allora Pdl, meno Lega e Italia dei Valori. La Lega in prima lettura si dichiarò favorevole. «L’approvazio­ne, all’unanimità — disse il leghista Giancarlo Giorgetti, presidente della Commission­e bilancio della Camera — della proposta di legge volta a dare attuazione al principio del pareggio di bilancio, rappresent­a un punto di equilibrio che testimonia, in un momento particolar­mente delicato... il senso di responsabi­lità di tutte le forze politiche». Il senso di responsabi­lità, appunto. Coraggio, l’impatto con la nuda e dura terra dei numeri si avvicina.

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