Sud, il dilemma del Movimento
Il leader: facciano l’ammucchiata, da noi non arriverà un voto
Forse non era mai successo prima che il Mezzogiorno riuscisse a contare tanto nel governo del nostro Paese.
SETTIMO VITTONE (TORINO) La mossa dell’arrocco e la questione generazionale. Il Movimento — nella partita a scacchi tra le forze politiche per il governo — continua a proteggere il ruolo di Luigi Di Maio come candidato premier e respinge di nuovo l’idea di una convergenza (anche) con Silvio Berlusconi. Il gelo con Salvini si vede dal mattino, quando il capo politico pentastellato apre ad Aosta il suo tour in vista delle Regionali.
Di Maio attacca subito il vertice del centrodestra di Arcore: «Non è il governo di cambiamento che vogliamo quello che chiede Salvini, un governo con dentro Meloni, Berlusconi, Salvini e il M5S», spiega. E aggiunge: «Se questa è la sua idea non può essere la nostra, se stanno immaginando questo film per noi è un film che non esiste». Mentre Luca Lotto, consigliere comunale pentastellato, attacca «il sindaco renziano» per una questione legata all’arco di Augusto, «ridotto a una rotatoria», Di Maio rimane impassibile e, poco dopo, rilancia spiragli ai dem. Parla delle dichiarazioni di Martina (che aveva parlato di «apertura apprezzabile») e commenta: «Mi sembra un passo in avanti e aspettiamo le evoluzioni interne che vanno rispettate». La politica del doppio forno «a piccoli passi» — come lo hanno etichettato alcuni parlamentari M5S scherzando a Sum — resta in piedi, anche se dal Pd in giornata arrivano segnali di forte chiusura. Oltretutto l’intervista di Salvini al Corriere riporta in primo piano un’intesa con il Carroccio. Convergenze di nuovo congelate dopo il summit di Arcore. Di Maio pretende che il peso del Movimento venga riconosciuto, discute e poi replica con un post al vetriolo. «Vedo che la Lega ha promesso il cambiamento, ma preferisce tenersi stretto Berlusconi e condannarsi all’irrilevanza».
Il capo politico del Movimento prima promette: «Da noi la grande ammucchiata non avrà un solo voto», poi lascia aperto uno spiraglio. «Quando Salvini vorrà governare per il bene dell’italia ci faccia uno squillo». Il capo politico non digerisce, come buona parte dei Cinque Stelle, l’idea di una intesa che comprenda Berlusconi. Continua a fare muro e sbotta: «Un governo con lui non avrà mai i voti del M5S. Mai e lo
Lo spiraglio «Quando Salvini vorrà governare per il bene dell’italia ci faccia uno squillo»
Una questione d’età «Se si fa la somma dei miei anni con quelli di Salvini non arriviamo all’età di Berlusconi»
Fronte regionali
«La prima data per noi importante è il 22 aprile: elezioni in Molise possiamo vincerle»
sottoscrivo». Si tratta di una questione (anche) generazionale. Il leader M5S considera esaurita la parabola dal punto di vista politico di Berlusconi. «Lui e la sua generazione hanno avuto la loro occasione e hanno fatto male al Paese». E argomenta: «Ma come fa Salvini a non capire? Se si fa la somma della mia età con la sua non arriviamo all’età di Berlusconi. Come può Salvini non capire che se vuole bene all’italia e vuole un governo che cambi davvero le cose la
responsabilità se la deve prendere la nostra generazione perché l’altra ha già provato e fallito». Il muro contro muro, insomma, sembra tenere. E il nodo del ruolo di Forza Italia non rimane né l’unico né il principale. A telia nere banco c’è sempre la questione della scelta del futuro presidente del Consiglio, che è rivendicata sia dal centrodestra che da Di Maio. Giancarlo Giorgetti, ospite in tv da Lucia Annunziata, rilancia l’ipotesi di premier «terzo»: «Devono cominciare a riflettere anche su questo eventualmente». Gli analisti iniziano anche a riproporre l’idea di una staffetta alla guida dell’esecutivo. Entrambe le soluzioni, però, trovano freddezza nel Movimento che continua a rimarcare il risultato elettorale. Il braccio di ferro è destinato a correre in parallelo alla partita per le Regionali. Di Maio scandisce i tempi. «La prima data, per noi importante, è quella del 22 aprile», dice ai suoi per le vie di Aosta alludendo alle elezioni in Molise. Fino ad allora e più probabilmente fino al voto in Friulivenezia Giulia difficile che lo stallo si risolva. I parlamentari pentastellati però si mostrano cautamente ottimisti e fanno intuire che «con chiunque ci sarà una convergenza, si troverà il modo di riconoscere oneri e onori». La partita, tra veti, dichiarazioni e polemiche, insomma, è solo alle prime mosse.