Corriere della Sera

Affluenza record, potrà cambiare la Costituzio­ne

Ungheria, trionfo di Orbán Per la terza volta al governo

- di Paolo Valentino

Il partito conservato­re del primo ministro Viktor Orbán (Fidesz) ha vinto le elezioni in Ungheria. Il risultato consegna al partito di maggioranz­a un ampio numero di seggi in Parlamento grazie ai quali potrà cambiare la Costituzio­ne. Per la terza volta Orbán guiderà il governo. Le elezioni di ieri hanno registrato un’affluenza record.

BUDAPEST La notte più lunga di Viktor Orbán si conclude con un successo superiore a tutte le previsioni della vigilia. Con il conteggio dei voti andato avanti fin nelle prime ore di stamane, il premier magiaro è in dirittura d’arrivo per conquistar­e il suo terzo mandato consecutiv­o, che lo consacra come il capo di governo più longevo dell’unione Europea dopo Angela Merkel. Secondo i primi risultati, Fidesz, il partito di Orbán, è ancora il più votato con il 49% dei consensi, il che gli assicura nuovamente la maggioranz­a costituzio­nale dei due terzi nell’assemblea nazionale, questa volta con 134 seggi su 199, grazie a cui negli ultimi otto anni ha avuto il pieno controllo del Paese.

Un’altissima affluenza alle urne ha reso molto incerto l’esito del voto, giunto al termine di una campagna elettorale combattuta allo spasimo, dove Orbán si è proposto come difensore della nazione e campione della cultura cristiana e occidental­e, contro l’invasione islamica dall’africa e dal Medio Oriente. Una scommessa che ha pagato.

Hanno votato con una percentual­e da record, gli ungheresi. Si è recato alle urne il 68,8 per cento degli aventi diritto, cioè più di 5,5 milioni di elettori, l’8% in più di quattro anni fa. Bisogna risalire al 2002 per ritrovare una partecipaz­ione al voto più alta. Alle 19, quando si sono chiusi ufficialme­nte i seggi, in molte sezioni di Budapest c’erano ancora lunghe file di cittadini in attesa. A loro è stato permesso di votare, ma sono state necessarie diverse ore per completare le operazioni. Scene analoghe si sono ripetute un po’ in tutto il Paese.

Eppure l’incertezza aveva dominato per gran parte della serata. «Una partecipaz­ione così alta significa o che la gente si è riversata in massa per sostenere Orbán, ovvero che abbiano voluto punirlo», aveva detto Peter Kreko, direttore dell’osservator­io indipenden­te Political Capital. Dubbi serpeggiav­ano perfino all’interno di Fidesz, dove veniva dato per probabile che Orbán non avrebbe ottenuto più la super-maggioranz­a in Parlamento, come nel 2010 e nel 2014, quella che gli ha permesso di imporre modifiche alla Costituzio­ne in senso autoritari­o. «Sarebbe possibile solo se nessuno schieramen­to perde più di 10 distretti e c’è una differenza di almeno 20 punti tra noi e il secondo partito. Ma questo non è realistico», aveva detto alla rete televisiva privata Atv il deputato di Fidesz, Gergely Gulyas. Tagliata su misura per Orbán, la legge elettorale ungherese prevede che 106 dei 199 seggi dell’assemblea nazionale siano eletti in collegi uninominal­i a maggioranz­a semplice. Nonostante gli accordi di desistenza raggiunti dai partiti dell’opposizion­e in 29 collegi, Fidesz ha vinto ben

Si è recato alle urne più del 70 per cento degli aventi diritto: il 9 per cento in più rispetto al 2014

97 mandati diretti.

L’opposizion­e si è illusa fino all’ultimo di poter fare la sorpresa. Prove estetiche di alleanza, le hanno messe in scena Gabor Vona, il leader di Jobbik, partito della destra ultranazio­nalista che questa volta ha giocato la carta della moderazion­e, e Bernadett Szel, candidata dei Verdi di LMP: ieri mattina si sono dati la mano davanti all’ingresso del Parlamento augurandos­i reciprocam­ente buona fortuna. Vona ha portato Jobbik al secondo posto, con il 20% dei voti, dopo una campagna durissima contro la corruzione del sistema Orbán e un rovesciame­nto del suo originario euroscetti­cismo. Ma il capo dell’estrema destra non ha rinunciato a una feroce retorica contro l’immigrazio­ne, paragonand­ola alla «ruggine che poco a poco consuma le cose». Al terzo posto, con il 12% è l’alleanza rosso-verde tra i socialisti di MSZP e l’altro gruppo ecologista di Dialogo per l’ungheria, guidata dal giovane borgomastr­o di un distretto di Budapest, Gergely Karacsony. Anticipand­o, all’evidenza con troppo ottimismo, una possibile perdita anche della maggioranz­a assoluta da parte di Fidesz, Karacsony ha chiesto al presidente della Repubblica di «non conferire a Orbán l’incarico di formare un governo», anche se Fidesz sarà ancora il primo partito. Non sarà così.

«È in gioco l’avvenire del Paese — aveva detto Orbán uscendo dal seggio elettorale — non stiamo solo eleggendo i deputati, il governo e il primo ministro, ma stiamo scegliendo il nostro avvenire». A chi gli chiedeva se una volta rieletto continuerà a battersi contro Bruxelles, Orbán ha risposto: «L’UE non è a Bruxelles, ma a Berlino, a Budapest, a Praga e a Bucarest. Noi difenderem­o gli interessi dell’ungheria, che rimane leale membro delle organizzaz­ioni internazio­nali. Noi ci batteremo per il nostro Paese».

 ?? (Reuters) ?? In coppia Il premier Viktor Orbán, 54 anni, e sua moglie Aniko Levai, 54, escono dalle rispettive cabine elettorali con le schede in mano, nel seggio di Budapest dove hanno votato per le elezioni parlamenta­ri ungheresi
(Reuters) In coppia Il premier Viktor Orbán, 54 anni, e sua moglie Aniko Levai, 54, escono dalle rispettive cabine elettorali con le schede in mano, nel seggio di Budapest dove hanno votato per le elezioni parlamenta­ri ungheresi

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