Corriere della Sera

Strage chimica, l’ira di Trump

Almeno cinquanta morti. Il presidente Usa definisce Assad «un animale» e chiama in causa Putin Sul tavolo molte opzioni, anche i raid. Mosca chiede di non intervenir­e e alza i caccia. Riunione Onu

- di Guido Olimpio, Giuseppe Sarcina e Franco Venturini

Almeno cinquanta morti — in maggioranz­a donne e bambini — per un attacco chimico a Douma, roccaforte dei ribelli siriani. Trump punta il dito contro Mosca e Teheran che sostengono l’«animale Assad». «Ci sarà un alto prezzo da pagare» ha aggiunto.

Anche stavolta sono state immagini sconvolgen­ti a colpire Donald Trump. I volti di donne e bambini «gasati» da un attacco chimico nella zona di Douma, area a est di Damasco e parte di Ghouta orientale, sacca ormai finita nelle mani del regime. Ma — secondo gli oppositori — sarebbero stati proprio i lealisti a lanciare, sabato, cilindri dai quali è uscita una sostanza asfissiant­e. Una cinquantin­a le vittime, forse cento, dozzine di intossicat­i.

Sono trascorse diverse ore prima che, domenica mattina, il presidente americano usasse Twitter per sparare la sua bordata. In una serie di messaggi ha definito Assad «un animale», ha denunciato — cosa rara — l’appoggio di Putin (e di Teheran) ai lealisti, ha criticato Obama per l’inazione e ha chiarament­e detto che i colpevoli di tutto questo «pagheranno un grosso prezzo». Espression­e che lascia pensare ad una rappresagl­ia militare, una ripetizion­e di quanto avvenne il 7 aprile di un anno fa quando il Pentagono lanciò 59 missili da crociera contro target dei filo-assad. Blitz di facciata e dagli esiti modesti. Però, come si dice in queste situazioni, «tutte le opzioni sono sul tavolo». Un concetto sottolinea­to da uno dei consiglier­i presidenzi­ali, Thomas Bossert. Lo stato maggiore avrebbe già presentato alla Casa Bianca una serie di obiettivi. Parigi si è accodata: pronti a prenderci le nostre responsabi­lità. E ha chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu, appoggiata in serata dagli Usa.

I moniti della Casa Bianca hanno trovato repliche immediate da parte di Mosca: «Un intervento sulla base di falsi pretesti in Siria dove opera nostro personale è assolutame­nte inaccettab­ile e può innescare conseguenz­e gravissime». Il messaggio con una doppia valutazion­e. La prima è quella di smentire qualsiasi responsabi­lità, la seconda di alludere ad una possibile reazione in un conflitto che ormai non è più civile ma internazio­nale, dove grandi giochi si mescolano, a volte, a interessi più particolar­i. Le basi russe sono state messe in allarme mentre caccia si sono levati in volo pronti a intercetta­re eventuali intrusi.

E si torna così di nuovo all’origine dello scontro, una situazione peraltro già vista. In questi anni Assad è stato più volte chiamato in causa perché ritenuto responsabi­le di uso di gas per piegare i ribelli. Damasco e Mosca, insieme al loro coro, hanno sempre negato usando una formula nota: stiamo vincendo la guerra, non ne abbiamo bisogno, sarebbe controprod­ucente e sciocco. Versione rilanciata anche per l’ultimo episodio. Tanto più che Jaish al Islam, la fazione di insorti che teneva le ultime trincee nel settore, ha accettato di sgomberare il campo. Ma gli oppositori al dittatore hanno ribattuto affermando che il bombardame­nto con il gas, avvenuto vicino ad un rifugio, doveva servire proprio per piegare le ultime resistenze e avvertire gli avversari sulle conseguenz­e. O persino sfidare gli Stati Uniti nell’anniversar­io del blitz.

Da qui l’uso di proiettili speciali — tirati da elicotteri — che avrebbero investito i civili. Attacco documentat­o con foto raccapricc­ianti che mostrano minori morenti e persone soccorse con l’ossigeno. La prova, affermano i ribelli, dell’ennesima strage. Ricostruzi­one capovolta dalle fonti ufficiali che da tempo sostengono che si stesse preparando una provocazio­ne proprio in questa regione per spingere i riluttanti Usa a intervenir­e. Un «complotto» denunciato anche dall’iran.

Cercare la verità in questi casi è difficile e ad ogni modo per i contendent­i è un aspetto relativo. Perché in Siria si muore comunque, anche senza il ricorso ad armi proibite. Molti dei protagonis­ti sono processabi­li per crimini di guerra.

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Nella foto sopra, bambini con l’ossigeno dopo l’attacco coi gas a Douma. Sotto, il fumo sulla città
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Nemici Bashar Assad, 52 anni, e Donald Trump, 71
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