Corriere della Sera

I soccorrito­ri «Era un inferno I bambini i primi a star male»

- di Marta Serafini

«N on so nemmeno descriverl­o: ci sono decine e decine di bambini morti con la bava alla bocca, come si fa a trovare le parole?». Raed al Saleh è uno dei veterani e dei fondatori dei White Helmets, la guardia civile siriana che per prima ha denunciato l’attacco di sabato sera a Douma. Raed è abituato alla morte ma è ancora sconvolto. «Sono da ore in contatto con gli uomini sul campo, mi dicono che stanno tutti bene, ma hanno poche maschere antigas con loro», spiega al Corriere della Sera.

Sono le 7 e 45 di sera ora locale quando l’inferno si spalanca su Douma: «Hanno iniziato a sganciare decine di barili bomba vicino ai rifugi. Lo hanno fatto apposta per fare ancora più morti», riferisce Mjad Khalaf dell’ufficio stampa dei White Helmets. Nel giro di pochi minuti il gas si diffonde ed entra nei polmoni, il battito del cuore rallenta. Non ha odore o colore. I bambini sono i primi a stare male. «I sintomi sono sempre gli stessi: bava alla bocca, pupille dilatate, convulsion­i. Non sappiamo che gas sia stato usato, ma sicurament­e è più potente delle altre volte».

È passato un anno esatto da quando a Khan Shaykhun, nella provincia di Idlib, sono morte in un attacco con il sarin 74 persone. Ma questa volta potrebbe essere peggio, «500 civili sono stati portati nei centri medici con sintomi di un’esposizion­e a un agente chimico. In sei sono morti durante il ricovero, mentre i soccorrito­ri hanno trovato altri 42 cadaveri nelle abitazioni con segni simili», recitano i comunicati diffusi dai White Helmets e dalla Società medica americano-siriana. Mancano i medici, manca l’atropina con cui curare chi è stato contaminat­o ed è ancora vivo. Probabile dunque che il bilancio delle vittime salga. «Uno dei nostri volontari ha trovato un’intera famiglia morta in una cantina. Il padre era ancora abbracciat­o alla figlia. Prima di morire avevano vomitato tutti sangue, non c’è dubbio che si tratti di un attacco chimico», continua Mjad.

I pochi paramedici sul campo hanno raccontato di scene di panico negli ospedali di fortuna, ricavati negli scantinati, nascosti sotto terra proprio per evitare i bombardame­nti. «Le famiglie erano isteriche, i tunnel pieni di polvere. Sembrava il giorno del giudizio. La gente che camminava in un stato di stordiment­o non sapendo cosa fare, le donne che piangevano, tutti che si nascondeva­no sotto le coperte e le infermiere che correvano da un paziente all’altro», ha riferito un dottore al Guardian.

E dopo l’attacco chimico sono ripresi i raid «tradiziona­li», quelli che ormai quotidiana­mente colpiscono Ghouta e che da febbraio hanno fatto 1.600 morti.

Niente farmaci Manca l’atropina con cui curare chi è stato contaminat­o ed è ancora vivo

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(Ap) SoccorsiUn bambino viene aiutato a respirare con una maschera d’ossigeno a Duma, in Siria, fornitagli dai «caschi bianchi»

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