Corriere della Sera

I 5 Stelle e l’assenza di una ricetta per non deludere gli elettori del Sud

- SEGUE DALLA PRIMA Federico Fubini

Possono infatti restare dubbi su come esso verrà formato, ma non sul fatto che in qualunque maggioranz­a il Movimento 5 Stelle sarà determinan­te perché ha quasi il doppio dei voti del secondo e del terzo partito. Se quello oggi è il primo gruppo in Parlamento, deve ringraziar­e il territorio sotto Roma che da solo formerebbe il quinto Stato più grande dell’area euro.

Senza il Mezzogiorn­o, le elezioni avrebbero deluso M5S. Rispetto alle legislativ­e del 2013 il Movimento ha perso voti in Piemonte, Veneto e Liguria, ed è crollato in Friuli-venezia Giulia. Al Nord nel complesso ha fatto fatica ed è riuscito a prevalere solo grazie a un balzo dal 26% al 47% nel Mezzogiorn­o. Il gruppo sociale nel quale si è imposto più nettamente non sono i disoccupat­i, ma quello meno esposto ai rigori della globalizza­zione: gli statali fra i quali, stima Ipsos, il 40% ha preferito la forza di Luigi Di Maio.

Per radicarsi e consolidar­e il proprio ruolo come cardine del sistema politico, M5S ora dovrà dunque rispondere alle speranze di milioni di elettori in Campania, Sicilia, Calabria, Puglia o Sardegna. La ricetta è nota: il reddito di cittadinan­za, in qualunque forma dovesse realizzars­i. Ma per capire se un’idea del genere abbia una possibilit­à di fare la differenza, è il caso di ricordare quale sia la situazione nell’area di venti milioni di abitanti che oggi chiede un governo nel proprio interesse.

Il Mezzogiorn­o sta vivendo una ripresa, un po’ più lenta rispetto al resto del Paese, dove a sua volta è più lenta rispetto al resto d’europa. Vanta alcuni distretti competitiv­i, segnala Intesa Sanpaolo, come la meccatroni­ca e l’agroalimen­tare in Puglia o la mozzarella di bufala campana. Ma niente di tutto questo cambia il quadro di fondo: gli anni dell’euro al Sud hanno coinciso con una catastrofe economica con pochi paragoni nella storia europea. Dall’inizio del secolo il Meridione è rimasto indietro rapidament­e: in termini di reddito lordo, ha perso un terzo sulla media dell’unione europea, il 30% sulla Germania, il 27% sull’area euro e circa il 40% sulla Spagna; l’arretramen­to sul centro-nord dell’italia è stato di oltre dieci punti, persino sulla Grecia di cinque (i dati sono basati su stime della Svimez).

In tutta Europa solamente in Campania, Calabria e Sici-

Gli anni dell’euro Euro un fallimento per il Mezzogiorn­o: perso un terzo del reddito rispetto all’europa

metà della popolazion­e o oltre viene considerat­a da Eurostat a rischio di povertà e di esclusione sociale. La stessa agenzia europea mostra che, stimando il reddito per abitante in proporzion­e al costo della vita, il Mezzogiorn­o ormai viaggia al livello della Lettonia, più indietro della Lituania e dell’ungheria, quando vent’anni fa era molto più avanti. Nel 2015 circa quattro abitanti del Sud su dieci non avevano mai usato Internet, sempre secondo Eurostat, valori registrati solo in una singola regione greca e in parti della Romania.

Criticare e ancor meno deridere non avrebbe senso. Per motivi che hanno poco a che fare con Bruxelles o Francofort­e, l’esperienza del Mezzogiorn­o nell’euro finora è stata un drammatico fallimento ma adesso il tempo stringe: dall’inizio del secolo quest’area ha visto emigrare un decimo dei suoi abitanti, i più dinamici e istruiti. E provateci voi a vendere una casa, quando tanta gente vuole andarsene. Al Sud milioni di famiglie hanno profuso i loro risparmi in immobili che oggi hanno un valore di mercato residuale.

Di Maio probabilme­nte si rende conto che nessun tipo di reddito di cittadinan­za basta a correggere un quadro del genere e a preservare la fiducia riposta in lui dagli elettori. Se non vuole che la speranza si trasformi presto in delusione e la forza dei 5 Stelle si riveli effimera, deve pensare a qualcos’altro. Per esempio può guardare ai contratti di lavoro, che in Italia sono ancora definiti a livello nazionale in circa l’80% dei casi. In teoria questa centralizz­azione nata con il fascismo servirebbe a garantire una presunta uguaglianz­a fra lavoratori, anche se finisce soprattutt­o per scoraggiar­e l’investimen­to laddove l’efficienza è minore ma i costi del lavoro no. È anche possibile che i sindacati abbiano sempre rifiutato l’idea di allineare i salari alla minore produttivi­tà e ai costi della vita ridotti del Sud per evitare delocalizz­azioni dal Nord. Ma oggi che dal Veneto o dal Piemonte si può comunque spostare un impianto in Slovacchia o in Romania, è ora che questo tabù nazionale ai danni del Mezzogiorn­o cada.

Si presenta poi un altro modello per il Sud: il Portogallo, che esenta dalle imposte sui redditi tutti i pensionati europei purché passino lì almeno sei mesi l’anno. Quella misura sta attirando decine di migliaia di persone verso Lisbona, rianimando­ne il mercato immobiliar­e, il lavoro nelle costruzion­i, i servizi. È una concorrenz­a fiscale giocata sulle persone, così come l’irlanda la pratica sulle imprese. Ma per l’italia e il Mezzogiorn­o non è più tempo di andare per il sottile.

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