Trapianti, nuove speranze Reni di un dializzato «riparati» e donati
Alle Molinette di Torino hanno trapiantato uno dei due reni (il secondo è andato a Novara) di un donatore che durante il ricovero in rianimazione, dovuto a una malattia congenita, aveva sviluppato un’insufficienza renale acuta. Per tentare di salvarlo i medici erano ricorsi alla dialisi continua, 24 ore su 24. In questi casi i due intelligenti organi a forma di fagiolo, incaricati di filtrare il sangue dalle scorie, vengono di prassi scartati. La novità consiste nel riutilizzo. L’equipe del professor Luigi Biancone ha indicato una soluzione innovativa. Una volta prelevati dai chirurghi, i reni sono stati rimessi a nuovo con un perfusore, una macchina che li ha irrorati di proteine rendendoli efficienti come fossero sani. Il recupero è stato possibile in quanto ambedue avevano conservato intatte le parti interne essenziali per il funzionamento, i glomeruli. La donna trapiantata, 60 anni, era in dialisi da 5 anni per nefropatia da calcoli cosiddetti a stampo, molto invasivi. È uscita dall’ospedale due settimane fa. Non è stato ancora dimesso il secondo ricevente, operato a Novara. Non c’è in letteratura scientifica traccia di precedenti, dunque il recupero delle Molinette dovrebbe essere considerato il primo al mondo. Un risultato importante secondo Loreto Gesualdo, presidente della Società italiana di nefrologia, la Sin: «Si spalancano ampi orizzonti, la platea dei donatori si allarga. Non tutti i reni sono utilizzabili. Così aumentano le possibilità di curare i pazienti in lista di attesa». Oltre 7 malati su 10 in lista di attesa, hanno bisogno di un rene. È l’ennesima prova dell’eccellenza della «renologia» italiana e del sistema trapianti.