Corriere della Sera

IL PD DI NUOVO ALLA RICERCA DELLA SUA RAGION D’ESSERE

- di Luciano Violante

Ipartiti muoiono per suicidio, non per omicidio. Un partito si estingue quando ha smesso di capire la propria ragion d’essere. Il Pd sembra vicino a questa soglia.

La sinistra attraversa una fase difficile in tutto l’occidente. Dopo la fine del regime sovietico le forze socialdemo­cratiche si sono concentrat­e sulla mediazione tra le loro tradiziona­li aspirazion­i e i modelli economici vincenti. Questi ultimi hanno prevalso. E ha prevalso non l’idea della trasformaz­ione, ma l’idea della conservazi­one dell’esistente. Margareth Thatcher, richiesta nel 2002 di quale fosse il suo maggiore successo, rispose, con malizia: «Tony Blair e il New Labour. Abbiamo costretto i nostri oppositori a cambiare il loro modo di pensare». Di fronte all’arretramen­to della sinistra nella difesa della giustizia sociale e nei progetti di civilizzaz­ione, la destra estrema ha occupato quel terreno proponendo progetti di difesa fondati sul nazionalis­mo e sulla costruzion­e del nemico: dazi, muri, sovranismo e razzismo.

Le difficoltà del Pd rientrano in questo quadro generale ma hanno anche cause specifiche, che vanno affrontate. Negli ultimi tempi quel partito ha oscillato tra un centro alla Macron e una sinistra socialdemo­cratica. Ora deve scegliere. Deve capire le domande del Paese e decidere le risposte.

L’italia non è quel disastro che molti dipingono. Siamo tutt’ora una delle grandi economie del mondo; i nostri giovani sono richiesti da centri

di ricerca e multinazio­nali in misura molto superiore a quella dei colleghi europei, segno che il sistema universita­rio funziona; alcune imprese italiane sono tra le migliori del mondo specie nella meccanica di precisione. Tuttavia permangono l’aggravamen­to delle diseguagli­anze, la mortificaz­ione della dignità del lavoro, l’umiliazion­e delle profession­i della conoscenza, l’incerto destino delle giovani generazion­i, relazioni tra pubblico e privato viziate da

Obiettivi

I democratic­i devono riprendere l’impegno per la giustizia sociale e per il progresso civile

sospetto e sfiducia. I due partiti vincitori delle elezioni hanno cercato di dare risposte ai problemi più gravi. In alcuni casi non erano condivisib­ili, ma durante la campagna elettorale sono state le uniche risposte. Onore al merito.

Per uscire dalla gabbia in cui si è chiuso, il Pd deve riprendere l’impegno per la giustizia sociale e per il progresso civile. Combattere le rendite, favorire i lavori, sostenere lo sviluppo civile, avviare una politica dei doveri:

Prospettiv­e Dietro l’angolo c’è l’autodistru­zione, ma anche la possibilit­à di essere utili al Paese

la sua ragion d’essere è questa. Il secondo partito italiano dovrebbe avere una posizione sulle più gravi questioni; non dovrebbe lasciare che esse vengano affrontate davanti a lui senza di lui. Non è questo che serve al Paese. Fare politica significa spostare forze attraverso la persuasion­e e l’esempio. Bisogna perciò decidere come costruire alleanze sociali e politiche che aiutino il conseguime­nto dei risultati. È necessario, infine, regolare i conflitti interni ed essere capaci di chiuderli. Scelte le cose da fare, si elegge il gruppo dirigente e il segretario. La competizio­ne tra le persone senza una alternativ­a delle idee diventa tumultuosa anarchia. Il rischio del suicidio è dietro l’angolo. Ma dietro l’angolo c’è anche la possibilit­à di tornare a essere utili al Paese.

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