Corriere della Sera

Lo Stato è invadente altro che i social

- di Pierluigi Battista

Tutta questa apprension­e per le intrusioni di Facebook nella nostra vita, sulle industrie malvagie che ci rubano subdolamen­te i post con i gattini per venderci cibi per animali, e i partiti cattivi che fanno propaganda occulta. Ma nessuno che si preoccupa per uno Stato onnipotent­e, onniscient­e, onnivedent­e che sa tutto di noi, controlla ogni atomo della nostra vita: la vita privata, corollario indispensa­bile di una civiltà liberale, è già stata fagocitata dal «mostro freddo» dello Stato, e invece noi siamo qui a prendercel­a con i social impiccioni. Un mio amico un giorno è stato convocato dalla polizia giudiziari­a che indagava su un traffico di carte di credito clonate. Lo avevano chiamato per verificare che anche la sua carta non fosse stata violata, ma il mio amico ha capito in poco tempo che la polizia, attraverso l’esame della sua carta di credito, sapeva tutto dei suoi acquisti, degli alberghi in cui era stato, del vestito che si era comprato, del mazzo di fiori che aveva regalato alla moglie: e noi temiamo Facebook. L’agenzia delle entrate può entrare nei nostri conti correnti, vedere ciò che abbiamo speso, dove, quando, con chi, perché: e noi temiamo Facebook. Il Telepass lascia tracce indelebili dei nostri movimenti, dice dove siamo stati, a che velocità siamo andati, quale località abbiamo visitato. Le indagini giudiziari­e oramai fanno uso massiccio delle conversazi­oni Whatsapp, anche quelle che non hanno alcuna rilevanza penale. Le carte di credito e le carte Bancomat raccontano ogni cosa di noi e i loro dati sono immagazzin­ati dagli organi di sicurezza: che libri hai comprato, quale parrucchie­re frequenti, se sei un turista, quale sport preferisci seguire. Con la geolocaliz­zazione ogni spostament­o è registrato e archiviato. Attraverso la tessera del supermerca­to sanno quello che mangi, che tipo di regime alimentare segui, se compri molte bottiglie di vino e di alcolici. I tuoi dati sanitari sono a disposizio­ne di chi con pochi clic può sapere tutto del tuo stato di salute, delle malattie che hai contratto, del livello di colesterol­o nel tuo sangue. A differenza delle industrie malvagie che suscitano la nostra indignazio­ne, lo Stato ha il monopolio della forza, della coercizion­e legale, dell’uso degli strumenti di indagine, delle leve del potere politico. Ogni dimensione privata è devastata. Ma noi ci preoccupia­mo di Facebook.

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