Corriere della Sera

Ritratto di un mondo sconfitto nella famiglia di Guédiguian

Intrighi e segreti, tre fratelli in una villa fanno i conti con il passato

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È una storia di persone sconfitte. Ma non rassegnate. Una storia di uomini e donne che hanno lottato per le loro idee e si sono accorti di essere rimasti indietro, superati da una Storia che è andata in un’altra direzione. Senza però rimpianger­e né rinnegare niente.

In Francia potrebbe ricordare la parabola dei socialisti (anche se il film è stato pensato e scritto ben prima della sconfitta di Hollande. E da un regista, Robert Guédiguian, che si è sempre schierato a sinistra dell’ex presidente), in Italia quella del Pd, tenendosi però molto lontano dai nominalism­i che tanto piacciono ai commentato­ri. Al centro di La casa sul mare c’è il ritratto di un mondo che ha perso la sua capacità di fare presa sulle cose, ma non per questo pensa di aver sbagliato: si è accorto che le proprie idee non vanno più di moda (non sono più «chic» direbbe con una smorfia di disgusto il protagonis­ta del Filo nascosto!) ma non vuole tradirle. E per questo si ritira in disparte, nella calanque di Méjean, vicino a Marsiglia, quella su cui si affaccia «la villa» (così il titolo originale) dove forse potrà ritrovare nuova forza ed energia.

E non è un caso che l’occasione per riunire lì i fratelli che non si vedono da troppi anni — Angèle (Arianne Ascaride), Joseph (Jean-pierre Darroussin) e Armand (Gérard Meylan) — sia la malattia del vecchio padre, il suo essere costretto all’immobilità e al silenzio, metafora troppo ghiotta per esdolori: sere ridotta a una sola interpreta­zione. Che ognuno vi legga quel che vuole, lui non è più in condizione di replicare. Proprio come fa di fronte alle accuse o alle rabbie dei figli, ognuno con qualche ragione per mettere in discussion­e i suoi passati comportame­nti, che il regista e il suo cosceneggi­atore Serge Valletti ci fanno scoprire scena dopo scena. Senza che però il film diventi un melodramma di verità e controveri­tà, di vendette o ripicche.

Ci sono delle tragedie: la figlia di Angèle è annegata bambina forse per distrazion­e del nonno, i vicini di casa Martin e Suzanne (Jacques Boudet e Geneviève Mnich) sono troppo stanchi per continuare a vivere. Ci sono dei la storia di Joseph e della sua «giovanissi­ma» fidanzata Bérangère (Anaïs Demoustier) è arrivata alla fine. Ci sono degli amori che forse sboccerann­o e c’è l’irruzione della realtà in questa specie di oasi protetta, con i soldati che pattuglian­o alla ricerca di immigrati.

Tutto questo però è raccontato senza stridii, urla o disperazio­ni, con la grazia delicata e malinconic­a di chi ha fatto sua la lezione di Renoir («il tragico della vita è che tutti hanno le loro ragioni») ma ha imparato ad andare anche più in là, fino ad accettare di essere messo in disparte. Senza però dover abdicare alle proprie idee. A conquistar­e e affascinar­e è proprio questo tempo sospeso, questa atmosfera rarefatta dove niente è nascosto (la sceneggiat­ura sa mettere in risalto i caratteri di ognuno, specie i difetti o le manie) ma tutto viene raccontato con delicatezz­a e sensibilit­à, senza per questo doversi nascondere in qualche limbo rassicuran­te.

Bastano poche battute tra Joseph e il militare di ronda per riportare il film dentro la concretezz­a della realtà, che Guédiguian non vuole mai cancellare. Piuttosto vuole raccontarl­a da un’altra angolazion­e che non è quella compiaciut­a del militante che ha sempre ragione (il peccato in cui rischia di scivolare Ken Loach) né quella che non vede errori o passi falsi (la tentazione di tanto cinema progressis­ta, hollywoodi­ano e non). Lui e il suo film hanno scelto di riflettere sul valore delle idee incarnate dai suoi personaggi — l’arte, l’impegno, la perseveran­za — per difenderne i principi ma anche fare i conti con la difficoltà che quelle idee incontrano ad incidere sulla realtà.

È per questo che l’epilogo (tutto da scoprire, con i tre fratelli alle prese con un commovente imprevisto) resta come sospeso, incompiuto. Guédiguian è troppo intelligen­te per sapere che le cose non potranno continuare come sembra farci credere il film e la realtà prima o poi verrà a presentare le proprie richieste.

Ma quell’eco che alla fine riempie la scena forse vuole dirci che insieme alle voci potranno tornare anche altre condizioni di vita e di speranza. Più belle e più felici.

Tutto avviene vicino a Marsiglia in una specie di oasi protetta: la realtà farà irruzione con i soldati in cerca di immigrati

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Tra i suoi film: «Marius e Jeannette», «Lady Jane», «Le nevi del Kilimangia­ro»
 ??  ?? InsiemeDa sinistra, Anaïs Demoustier (30 anni), Ariane Ascaride (63; per questo ruolo ha ricevuto quest’anno la candidatur­a al César, l’oscar francese, come miglior attrice non protagonis­ta), Jacques Boudet (78) e Jeanpierre Darroussin (64), in una scena di «La casa sul mare» di Robert Guédiguian
InsiemeDa sinistra, Anaïs Demoustier (30 anni), Ariane Ascaride (63; per questo ruolo ha ricevuto quest’anno la candidatur­a al César, l’oscar francese, come miglior attrice non protagonis­ta), Jacques Boudet (78) e Jeanpierre Darroussin (64), in una scena di «La casa sul mare» di Robert Guédiguian
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