La prima volta di Brunori, non basta la piacevole aria da hipster
O ddio, me l’avevano descritto come arguto, ironico, mai banale, ottime referenze cantautoriali, e poi gli sento citare Bauman e la società liquida! Roba che non fanno neanche più i sociologi, che pure rappresentano l’ideologia della nostra indifferenza verso il prossimo: «Perché vogliamo essere sempre perfetti? Chi ci obbliga? E soprattutto questa cosa ci fa stare bene o ci fa sentire inadeguati? Non è che come dice Bauman in questa società liquida ci stiamo aggrappando all’ultima cosa solida che ci rimane, il nostro corpo...».
Il cantautore Dario Brunori, in arte Brunori Sas, «esponente simbolo della nuova scena musicale italiana», affronta per la prima volta la tv con il programma «Brunori Sa» scritto con Lorenzo Scoles, Federico Bernocchi e Marco Pisoni (Rai3, venerdì, ore 23.05). Ho come la sensazione che la tv non sia il suo mezzo ideale, o che non la conosca ancora bene, e si lasci trascinare da suggestioni. Però, se inizi un programma parlando con la statua di Bernardino Telesio, filosofo cosentino, o hai pronte battute fulminanti o sembra un’esercitazione scolastica di fine anno.
Il difetto principale del programma consiste nell’abbandonarsi a troppe enunciazioni (teorie Vs territorio?), ma poi, quando scende nel concreto, di originale c’è poco: se non un accettabile narcisismo (mette in scena anche la mamma), una piacevole aria da hipster calabrese, un’eleganza verbale che contraddistingue tutta la durata del programma (l’aspetto più apprezzabile), qualche citazione voluta (Wilson, il pallone di Cast Away) e qualcun’altra involontaria (a volte sembra la parodia di Nanni Moretti dell’esordio).
Le interviste sarebbero interessanti se i protagonisti (Carolina Crescentini, Francesco Piccolo, Antonio Dimartino, un suo cugino…) non si pigliassero così sul serio. Gli esperimenti vanno fatti, ci mancherebbe. Ma ci vuole qualcuno dall’alto che li sappia guidare.