Corriere della Sera

Zuckerberg si scusa in Senato

Il fondatore di Facebook appare pallido, teso, beve continuame­nte acqua «Gravi errori sui dati». L’apertura a nuove regole. Balzo del titolo in Borsa

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, a Washington davanti alle Commission­i commercio e giustizia del Senato americano. «Non dobbiamo solo costruire strumenti, ma anche assicurarc­i che vengano usati bene. Ci vorrà del tempo, ma andremo fino in fondo». Il titolo vola in Borsa.

Avevamo chiesto a Cambridge Analytica di cancellare e non usare più i dati in loro possesso. Avremmo dovuto controllar­e e non fidarci della loro parola Mark Zuckerberg Ceo di Facebook

Davanti alle Commission­i WASHINGTON del Senato, Mark Zuckerberg ha rinunciato alla solita maglietta e alle certezze consolidat­e. «Ho sbagliato e chiedo scusa», sono state le parole con cui ha esordito nell’audizione seguita in diretta tv praticamen­te da tutto il mondo. Completo blu, camicia bianca e cravatta azzurra, il fondatore, presidente e amministra­tore delegato di Facebook, si è presentato visibilmen­te contratto e, per così dire, con le mani alzate. I senatori lo hanno accolto con ruvida cortesia, come il repubblica­no John Thune: «Lei impersona il sogno americano, ma siamo preoccupat­i che questo sogno diventi un incubo per la privacy». Il democratic­o Bill Nelson lo ha avvisato: «Ci aspettiamo che si rimedi a questa situazione, se non agisce Facebook, lo dovrà fare il Congresso».

Scuse e buona fede

Innanzitut­to Zuckerberg ha riconosciu­to «il grave errore» che lo ha costretto a esporsi, e non era mai accaduto, in prima persona: gli 87 milioni di profili sottratti da Cambridge Analytica e venduti, all’insaputa dei diretti interessat­i, al comitato elettorale di Donald Trump e della Brexit. Il giovane imprendito­re si è impegnato a fondo per convincere i parlamenta­ri e la comunità dei due miliardi di utenti su due punti fondamenta­li. Primo: il gruppo dirigente ha sicurament­e sbagliato, «è stato troppo lento» a reagire alle interferen­ze dei russi nelle presidenzi­ali americane del 2016 e in altre elezioni. Ma ora la società ha piena consapevol­ezza della gravità di quelle manovre: «Stiamo collaboran­do con il super procurator­e Robert Mueller. La nostra cooperazio­ne è chiarament­e riservata e non posso rivelare altro». Poi ha aggiunto: «Con la Russia è come una corsa agli armamenti, tentano di sfruttare i nostri sistemi. Dobbiamo far prima di loro».

Tempo di regole

Il fondatore di Facebook ha ripetuto più volte che verrà garantito «il massimo rigore» sull’identità degli utenti («Diventerem­o poliziotti del sistema che ci ruota intorno») in modo da evitare ondate di fake news o di propaganda avvelenata: «Stiamo verificand­o la natura di migliaia di account». L’altro tema è il «pieno controllo» dei profili. «Facebook assicura a tutti gli utenti la possibilit­à di cancellare in ogni momento i propri post e le proprie informazio­ni». Ma a Zuckerberg è perfettame­nte chiaro che il volontaris­mo dell’azienda questa volta non basta. Ecco allora l’apertura a un intervento anche legislativ­o. Prima ancora che arrivino le domande è lui stesso a suggerire una regolament­azione: «La legge potrebbe cristalliz­zare le norme sul trattament­o dei dati personali, stabilendo che cosa le piattaform­e possano e non possano fare. Inoltre i legislator­i potrebbero dare alle persone la sicurezza di poter disporre in maniera piena del proprio profilo e delle proprie informazio­ni».

 Perché non avete bandito Cambridge Analytica appena avete scoperto le irregolari­tà? Dianne Feinstein Senatrice democratic­a

Lei rappresent­a il sogno americano, ma siamo preoccupat­i che questo sogno diventi un incubo per la privacy John Thune Senatore repubblica­no

Modello Europa

La senatrice democratic­a Dianne Feinstein chiede esplicitam­ente se «le norme europee», molto rigide in tema di protezione sulla privacy, possano essere un modello anche per gli Stati Uniti. Zuckerberg all’inizio oscilla: «In altri Paesi ci sono sensibilit­à diverse», ma poi concede anche questa apertura: «in ogni caso penso sia un esempio su cui valga la pena di discutere».

Dopo quasi due ore di assedio, Zuckerberg riesce a piazzare un paio di battute. In apertura aveva rivendicat­o «l’orgoglio» di un’azienda «ottimista e idealista», la piattaform­a perfetta per movimenti come quello di Metoo. Ma quando il senatore repubblica­no Lindsey Graham gli chiede se si sente a capo di un monopolio, risponde con un lampo: «Non ho questa sensazione». E infine liquida le insinuazio­ni di un altro repubblica­no, Ted Cruz, che immagina una specie di comitato politico incaricato di filtrare i contenuti del Social. «Non ho mai chiesto a nessuno dei miei quale fosse il suo orientamen­to politico».

Oggi si replica davanti alla Camera dei rappresent­anti.

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Audizione Mark Zuckerberg, 33 anni alla commission­e Commercio del Senato

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