L’uomo che inventò l’algoritmo sui dati «Non aiuto i partiti Più privacy? Si paghi»
«C’è una percezione distorta su quanto sia avanzata questa tecnologia, ma io ho scelto di non lavorare con i partiti». David Stillwell è lo scienziato di Cambridge che nel 2013 ha inventato l’algoritmo in grado di capire le personalità degli utenti di Facebook attraverso i loro «mi piace». I suoi studi hanno fatto gola ad aziende e politica: nel 2014 il suo ex collega Alexander Kogan fiutò l’affare con Cambridge Analytica e tentò di coinvolgere Stillwell, che però si tirò indietro.
Perché disse di no?
«Non era etico. Le persone ch partecipano ai miei studi sono tutte volontarie. Gli utenti di Facebook devono poter condividere i propri dati, non quelli dei loro amici, e sapere cosa sarà fatto con essi in totale trasparenza. A quei tempi i “mi piace” degli utenti erano pubblici: Facebook cambiò questa impostazione proprio dopo uno nostro studio (con Michal Kosinski e Thore Graepel, ndr), ne vado orgoglioso. Da ricercatore accademico penso non sarebbe giusto aiutare un partito con le nostre scoperte».
Facebook ha già sospeso un’altra società: Cubeyou. È vero che avevate lavorato con loro?
«Sì, ci offrirono di creare gratis un sito e un’app che usasse il nostro modello, noi non avevamo le risorse per farlo. Il contratto gli impediva di usare le informazioni degli utenti per fini politici e mi sento di escludere che abbiano venduto i dati. E comunque non avevano il modello predittivo e non possono averlo ricavato».
Quanti altri casi Cambridge Analytica potrebbero esserci?
«Non lo so, ma Facebook ha annunciato di dover verificare migliaia di applicazioni».
I suoi studi non rischiano di rivelarsi pericolosi?
«Anche le verifiche a scuola sono test di psicometria. Ci servono a capire cosa rende ogni persona psicologicamente unica. Gli studiosi non devono restare a guardare ma fare ricerca e pubblicare, creare dibattito. Altrimenti lo faranno le aziende, che di sicuro continueranno a cercare di ricavare i dati per capire meglio i loro consumatori».
O i loro potenziali elettori.
«Ma è più difficile conquistare un nuovo cliente che tenersene uno affezionato. In politica è diverso perché, almeno negli Usa, si vota una volta ogni 4 anni: non c’è un rapporto da coltivare. Inoltre non sappiamo se quel tipo di marketing politico su internet riesca davvero a influenzare le persone. Quel che fece Cambridge Analytica oggi risulta piuttosto primitivo, quindi il futuro mi preoccupa di più».
Cosa pensa di come Facebook sta gestendo lo scandalo?
«Può suonare strano, ma penso che dovrebbe esserci un Facebook Premium, a pagamento, per gli utenti che vogliono tutelare di più la privacy dei loro dati: farebbe tutti contenti».
Da studioso non penso sia etico collaborare con la politica. Le aziende proveranno a ricavare più dati
Gli utenti non devono poter decidere dei dati degli amici. Dopo una nostra ricerca Facebook è cambiato