Corriere della Sera

Mark torna scolaretto A Washington in scena il primo processo alla Silicon Valley

Il capo del social pare spaventato: nulla sarà come prima

- Di Massimo Gaggi

NEW YORK Processo televisivo doveva essere e processo è stato: col fondatore e capo di una delle più ricche e influenti imprese del mondo tornato nei panni dello scolaretto che beve acqua in continuazi­one, scandisce risposte scheletric­he in modo sempre più meccanico, fatica tenere a bada il suo panico interiore, mentre le vecchie volpi del Senato si comportano come arcigni professori di una commission­e d’esame. L’audizione di Mark Zuckerberg davanti al Congresso rimarrà un passaggio storico: il giorno in cui non solo il leader di Facebook ma tutto il mondo dei giganti della Silicon Valley, sceso da un anno dal piedistall­o dell’ammirazion­e planetaria, viene messo formalment­e sotto accusa dall’istituzion­e politica.

Che questo processo sia destinato a sfociare in una riforma profonda, sottomette­ndo a regolament­azione un’economia digitale che fin qui è riuscita ad evitare ogni tipo di vincolo, è tutt’altro che certo. Non sono pochi gli scettici convinti che alla fine tutto continuerà come prima: le ammissioni e le scuse di Zuckerberg, il Congresso che urla ma alla fine prende per buona la promessa di Facebook di cambiare rotta entrando in un’era di seria autoregola­mentazione: in fondo i repubblica­ni, maggioranz­a in tutte e due le aule, sono il partito della deregulati­on e Donald Trump, scatenato contro Amazon, non è mai sembrato orientato a intervenir­e sulle reti sociali come Facebook e Twitter che gli hanno fatto non poco comodo durante la campagna elettorale.

In realtà è difficile che, dopo il Russiagate, il caso Cambridge Analytica e gli altri che continuano a emergere, tutto torni come prima. Se riforme radicali sembrano, al momento, da escludere, le cose sul piano regolament­are hanno già cominciato a muoversi. La legge contro la pornografi­a in rete, a lungo osteggiata dalle società di Big Tech che non volevano creare un precedente, è stata approvata da tempo ed è in vigore. L’honest Advertisin­g Act, una proposta di legge per regolament­are la pubblicità elettorale in rete presentata da due senatori democratic­i e sostenuta anche dal repubblica­no John Mccain, è stata bloccata fin qui dalla granitica opposizion­e della Silicon Valley. Ma venerdì scorso Mark Zuckerberg, da settimane sotto assedio per la gravità degli errori commessi dalla sua azienda, ha ammesso che è necessario cambiare rotta e ha riconosciu­to che il progetto di legge in discussion­e davanti al Congresso può essere una buona soluzione per garantire la trasparenz­a della pubblicità elettorale. Proprio ieri anche Twitter, l’altro grande imputato nel campo delle interferen­ze politiche, ha cambiato linea dando il suo appoggio all’honest Advertisin­g Act.

Inoltre l’audizione di ieri ha messo in luce che fin qui i problemi di interferen­za politica (dentro e fuori gli Usa) quelli di tutela della privacy e anche l’esame del rispetto dei pochi vincoli a suo tempo imposti dalla FTC, l’authority di regolament­azione, sono stati sottovalut­ati da tutti, non solo da Facebook. È, quindi, probabile che quello di ieri sia solo l’inizio di un lungo processo. Come già accaduto al Senato, Zuckerberg continuerà a trovarsi in una posizione difficile anche perché, oltre a quello della politica, deve tenere testa ad altri tre fronti per lui problemati­ci: il rapporto con gli utenti che hanno improvvisa­mente perso fiducia nel gigante dei social network, quello con gli azionisti che vanno rassicurat­i davanti alla prospettiv­a di una minor redditivit­à del business e di un aumento dei costi di gestione dei servizi. Ma anche il rapporto con i suoi stessi dipendenti: dopo le defezioni dello scorso anno, le accuse degli ex dipendenti, gli imbarazzan­ti documenti interni che continuano ad emergere, anche ricostruir­e il morale non sarà facile. Finita (da tempo) l’età dell’innocenza, Zuckerberg deve dimostrare di saper portare Facebook nella sua «età adulta».

In Russia ci sono persone il cui lavoro è cercare di sfruttare i nostri sistemi e altri sistemi internet, è come una corsa agli armamenti. A noi tocca investire per far meglio di loro. Sul Russiagate collaboria­mo con Mueller

Ci sarà sempre una versione gratuita di Facebook. La nostra missione è connettere le persone ovunque nel mondo, riunirle, e per farlo crediamo di dover offrire un servizio che tutti possono permetters­i

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Assediato Mark Zuckerberg (di spalle) davanti ai giornalist­i ieri a Capitol Hill prima dell’audizione al Congresso americano sul caso Facebook (Reuters/leah Millis)
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Acqua Zuckerberg beve in diretta tv

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