Salvini e gli alleati, al Colle parleranno in tre
Il leghista non vuole altri vertici prima delle consultazioni. E Marine Le Pen lo invita il primo maggio a Nizza
ROMA «Nessun vertice, nessun incontro. Io domani sarò a Terni, non mi fermo»: quando mancheranno 24 ore al secondo round di consultazioni al Quirinale Matteo Salvini sarà lontano da Roma. Il segretario della Lega sarà oggi nella città umbra per tentare di chiudere a suo favore un altro tassello del risiko delle candidature alle prossime Amministrative e per percorrere l’ennesimo miglio dell’allargamento del suo partito nelle ex roccaforti rosse. In agenda, per ora, null’altro. Non incontri con Luigi Di Maio, con cui i contatti continuerebbero comunque a essere costanti. Non altri vertici con Berlusconi e Meloni, che pure avrebbero voluto fare un aggiornamento del summit di domenica scorsa a Palazzo Grazioli. E ieri è arrivato un altro invito al leader leghista: da Marine Le Pen per il comizio del primo maggio a Nizza.
Per Salvini, insomma, la direzione è chiara. Vuole «un governo politico» ma non ha «paura di elezioni». Vuole «partire dalla maggioranza di centrodestra» ma rinnega i veti nei confronti dei M5S. E, soprattutto, respinge al mittente la suggestione degli alleati di un suo incarico esplorativo, «perché non faccio l’esploratore». «Una posizione unitaria ce l’abbiamo», dice agli amici Ignazio La Russa e scherza: «Andiamo tutti da Mattarella, gli diciamo tutti che vogliamo un premier di centrodestra. Poi quello ci chiede “e con quale maggioranza”? E lì è dura».
Apparentemente le posizioni sono due. Una (Salvini) che guarda a Di Maio, con lo stesso schema con cui si stanno componendo le cariche in Parlamento; l’altra (Berlusconi, Meloni) che non lo contempla proprio. Ma dietro l’apparenza c’è quel gelo nei confronti dei grillini che, giorno dopo giorno, inizia a sciogliersi. Soprattutto dentro Forza Italia. Potrebbe essere questa la chiave per decrittare In Europa quello che Mariastella Gelmini ha detto ieri all’assemblea del gruppo alla Camera: «Dobbiamo avere fiducia nel presidente Berlusconi e nelle mosse che farà».
Che ci sia anche un ramoscello d’ulivo rivolto a Di Maio, tra queste mosse? Tra i pochi punti fermi, per ora, c’è la certezza che il centrodestra unito salirà sul Colle con una delle delegazioni più numerose di sempre. All’uscita parleranno Salvini, Berlusconi e Meloni, attenti a non contraddirsi nemmeno sulle virgole. Tanto per la soluzione della crisi c’è ancora tempo.