«Fatti passi avanti, diamo tempo agli altri» La fiducia dei 5 Stelle
«Sono stati fatti passi ROMA avanti», dice Luigi Di Maio. E il pendolino delle trattative, dopo un lunedì difficile, torna a volgere apparentemente in positivo. In realtà non è chiaro quali siano questi «passi avanti», ma colpisce l’atteggiamento positivo dei 5 Stelle, che si apprestano a salire al Quirinale nella seconda tornata di consultazioni.
La delegazione del Movimento andrà al Colle domani alle 18.30, ultimo tra i partiti a essere ricevuto dal presidente della Repubblica. Una scaletta che è stata accolta molto positivamente dal Movimento, come il riconoscimento di una sorta di primazia rispetto agli altri, nonostante il centrodestra, complessivamente, abbia preso più voti dei 5 Stelle (che sono risultati primi solo come lista). L’ordine degli arrivi al Quirinale viene visto come una sottolineatura della centralità del Movimento, che resta l’ago della bilancia per qualunque governo si voglia provare a mettere in piedi.
La soddisfazione non equivale, però, come si potrebbe pensare, al desiderio di ottenere un preincarico dal capo dello Stato. Come spiega in Transatlantico Stefano Buffagni: «Preincarico? Ma no, non vogliamo mica bruciarci. Finché non c’è una coalizione possibile di governo non avrebbe senso». Parole che rispondono alla linea politica decisa già giorni fa dal Movimento e che non è cambiata.
Ma il tempo corre e la seconda tornata di consultazioni non potrà essere un nulla di fatto. Il capo dello Stato Sergio Mattarella probabilmente farà sentire, con la sua moral suasion, una pressione sui partiti perché si sblocchi la situazione. E non è escluso che cerchi soluzioni anche al di fuori delle ipotesi fatte finora.
Di Maio si dice tranquillo e anzi si mostra perfino comprensivo con gli altri partiti: «Sono molto fiducioso. Le forze politiche hanno bisogno di un po’ di tempo, per quello che sto vedendo. Sia nella coalizione di centrodestra sia nel Pd ci sono delle evoluzioni, delle discussioni in corso, che io rispetto. Noi siamo pronti a firmare il contratto per gli italiani, gli altri hanno bisogno di un po’ di tempo. Glielo daremo, non saremo noi a mettere fretta. L’obiettivo è un governo ben fatto e non tirare a campare».
Di Maio non ha fretta, anche perché bisogna aspettare le elezioni in Molise (22 aprile), e quelle in Friuli (29 aprile), che la Lega spera di vincere. Prima, difficilmente si muoverà qualcosa. E lo schema resta quello di un accordo con la Lega. Con due punti fermi, di cui si vedrà la solidità: il premier deve essere Di Maio e Berlusconi non può essere della partita.
Sul primo, in realtà, la speranza è che i 5 Stelle cedano e accettino un terzo nome. Anche per togliere Salvini dall’imbarazzo di essere il secondo. Sul secondo punto, dovrà essere Salvini a decidere se sbarazzarsi dell’alleato, rinunciando però così a essere il leader del centrodestra, o se insistere nella posizione tenuta finora. In un comizio molisano, Di Maio spiega: «Berlusconi si faccia da parte
Le strategie
Lo schema resta quello di un’intesa con la Lega ma il «secondo forno» con il Pd è aperto
e faccia partire il rinnovamento». E ancora: «A Salvini ho detto di scegliere se metterci a un tavolo e decidere di abolire la legge Fornero o restare con Berlusconi».
Nel frattempo, Di Maio continua in una strategia favorevole alla Lega. Il reddito di cittadinanza non è più così in evidenza, nonostante le urne in Molise siano un’occasione per sfruttarne anche la portata ideologica. E domani nell’elezione del presidente della Commissione speciale l’asse dovrebbe tenere, con il voto per Giancarlo Giorgetti.
Resta il secondo «forno», il Pd, che dai 5 Stelle giurano essere «assolutamente aperto». E resta l’opzione finale, il ritorno alle urne, che non convince Di Maio e i suoi. Ma, naturalmente, sovrani saranno i sondaggi, quando si dovrà decidere se tentare un governo o tornare a votare.