Corriere della Sera

Franceschi­ni lancia la sfida nel Pd: «Evitiamo un governo M5s-lega»

I renziani: noi solo all’opposizion­e. La spaccatura alla riunione dei gruppi

- Monica Guerzoni

Aventino, né alla finestra. Nell’arduo tentativo di tenere assieme la posizione dei renziani con quella del fronte dialogante, Maurizio Martina ha in sostanza detto ai gruppi parlamenta­ri che governare con Luigi Di Maio e compagni non si può, ma il Pd deve impedire che nasca un esecutivo M5s-lega.

A scatenare la dura reazione dei renziani sono stati i ragionamen­ti di Dario Franceschi­ni, il più ascoltato tra i capicorren­te che si muovono in sintonia con il Quirinale. Per il ministro non basta assistere al quotidiano balletto dei vincitori, perché nessuno di loro ha i numeri per governare il Paese. È ora che il Pd entri in partita, accetti il confronto e faccia «di tutto per evitare che nasca un governo Lega e M5S, che porterebbe l’italia più vicina all’ungheria, che a Francia e Germania».

Franceschi­ni chiude la «prima fase» dell’opposizion­e e sprona i dem a prepararsi alla fase due. «Il punto non è fare un governo con M5S — chiarisce l’ex segretario — È tenere aperto un dialogo con tutti, anche dalla minoranza. Non è che ci compromett­iamo, se parliamo». Matteo Renzi non c’è e se molti lo evocano, nessuno lo cita.

Martina respinge come «irricevibi­le» la logica di Di Maio e avverte che «Pd e Lega non sono interscamb­iabili». Ma questo per il candidato segretario «non significa stare alla finestra». Le parole del reggente descrivono un Pd disposto a «seguire l’evoluzione dello scenario» politico e non più orgogliosa­mente arroccato sull’aventino. Gianni Cuperlo è pronto a sedersi al tavolo con Di Maio e Michele Emiliano ci farebbe un governo assieme anche domani. Mentre Andrea Orlando vede le urne all’orizzonte.

I renziani alzano le barricate. Il Pd non può non stare all’opposizion­e, rimarca Matteo Orfini, perché «il M5S non è una costola della sinistra, ma una diversa idea di democrazia». Per il presidente «non è cambiato nulla» e al Quirinale la delegazion­e del Pd salirà con la stessa linea del primo giro di consultazi­oni. E se il premier non fosse Di Maio? «Non si aprirebbe nessuna breccia», insiste Orfini. Ettore Rosato stoppa anche l’idea di un governo del presidente e Graziano Delrio media. Dice che nessuno ha dubbi su stare o meno all’opposizion­e, semmai ci sono «legittimi dubbi su come interpreti­amo il nostro ruolo». Ma non si chieda al Pd un’azione «trasformis­ta». Per i dem è la prima, vera occasione di confronto dopo la débacle. «Possiamo discutere senza tirarci gli stracci addosso?», supplica Martina. E così tra le due fazioni volano tweet.

Franceschi­ni invita a parlarsi «senza gettare fango, senza insinuare sospetti di complotti», chiede di non rimuovere «una sconfitta di queste dimensioni» e rimprovera Andrea Marcucci per essersi augurato un governo sovranista M5s-lega: «Quel tweet non doveva scapparti...». Il capogruppo però resta convinto che il Pd non possa «abiurare a quattro anni di buon governo». Il confronto si intreccia con lo scontro sulla segreteria. Martina non molla. Ieri ha sentito Renzi e Gentiloni e spera di arrivare all’assemblea del 21 aprile con un accordo sul suo nome, evitando una conta sanguinosa.

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