Corriere della Sera

Veto di Mosca, respinta inchiesta Onu Navi e aerei: si prepara il blitz in Siria

La Russia presenta una contro proposta, ma non ha i voti. Israele e le mire di colpire le basi iraniane

- Guido Olimpio

La battaglia è iniziata. All’onu. I russi hanno posto il veto ad una risoluzion­e che prevedeva l’introduzio­ne di un meccanismo di inchiesta sugli attacchi con il gas in Siria. Mosca — accusano gli americani — vorrebbe poter designare gli investigat­ori. Poi è stato il Consiglio di Sicurezza a bocciare una proposta russa. In precedenza L’OCPW, l’organismo internazio­nale che controlla le violazioni «chimiche», si era detto pronto inviare i suoi ispettori a Douma. Schermagli­e che hanno fatto da cornice ai preparativ­i militari per la possibile «punizione» invocata dagli Usa.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che una decisione sarà presa nei giorni a venire in coordiname­nto con i partner. L’ente per l’aviazione civile ha diffuso una nota sui rischi per il traffico aereo per le prossime 72 ore. Trump, invece, ha annullato un previsto viaggio che avrebbe dovuto portarlo in Sud America. In queste ore non è escluso che gli alleati «creino nebbia» a fini tattici a tutela della missione.

Il David Cook, dotato di decine di missili cruise, dopo aver lasciato Larnaca ha preso posizione pronto a lanciare. Stessa cosa per un’unità gemella e probabilme­nte qualche sommergibi­le. Nel settore sfila la fregata francese Aquitaine.

Secondo indiscrezi­oni i russi avrebbero risposto facendo sorvolare gli avversari dai loro caccia mentre due ricognitor­i IL 38 avrebbero iniziato un’attività di controllo. A «specchio» un Poseideon P8 americano, decollato da Sigonella (Sicilia), è stato «visto» a 40 chilometri dal porto siriano di Tartus. Un velivolo per l’intelligen­ce EP-3 è partito da Souda, Creta. Presenze abituali. Da mesi. Oggi dovrebbe lasciare Norfolk, costa est Usa, la portaerei Truman. Molto fermento nelle basi britannich­e a Cipro. Sulla pista di Akrotiri ci sono i caccia, sul Monte Trodos sistemi per intercetta­re le comunicazi­oni.

Mosca ha messo in allarme flotta e reparti, avrebbe disturbato elettronic­amente le incursioni dei droni statuniten­si, ha accresciut­o la sorveglian­za. Fonti francesi hanno aggiunto che il regime siriano ha schierato batterie attorno al palazzo di Assad e nei pressi di siti strategici.

Una delle ipotesi è che il possibile «colpo» statuniten­se non riguardi solo installazi­oni della difesa e impianti per le armi chimiche, ma anche luoghi simbolo. Tutto ciò potrebbe innescare una reazione non meno dura da parte del Cremlino: gli avvisi di ritorsione ci sono già stati, il

ruolo dei russi al fianco dei lealisti li espone.

Contatti visibili anche sul fronte opposto. Washington ha cercato di raccoglier­e una pattuglia disposta a partecipar­e ad un blitz: la Francia è pronta, la Gran Bretagna anche, i sauditi sono sembrati disponibil­i e Trump ha ricevuto ieri mattina l’emiro del Qatar. Si è andata formando una coalizione composta da attori che hanno interessi diversi e talvolta — è il caso di Riad e Doha — contrastan­ti. Ma l’ostilità al raìs siriano li ha riportati sulla stessa linea. Poi c’è Israele.

Gerusalemm­e sostiene un approccio d’attacco per impedire che l’iran allarghi la sua presenza in Siria, dunque agirà per tutelare i suoi interessi. Posizione nota da tempo, ma rafforzata dal raid sferrato contro la base T4, considerat­a uno degli snodi iraniani in territorio siriano. E tutto questo va ben oltre l’episodio delle armi chimiche, parte di uno scontro regionale.

È una sfida pericolosa dove ognuno è arroccato sulle proprie verità su cosa sia avvenuto, colpe difficili da accertare e accettare nel caso di un verdetto indipenden­te. Trump si è in qualche modo legato le mani, dovrà dare seguito ai sui diktat. Putin deve aspettare ancora per la «stabilità» e scopre che la sua missione in Siria non è per nulla finita.

La Russia ha scelto ancora una volta il regime di Assad invece dell’unità del Consiglio di Sicurezza, e ha distrutto la credibilit­à dell’organo Onu Nikki Haley ambasciato­re Usa all’onu

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 ??  ?? Macerie Le squadre di soccorso siriane tra le macerie di un palazzo bombardato nella notte del 10 aprile nella città di Idlib, roccaforte dei jihadisti, nella Siria nordoccide­ntale. L’esplosione avrebbe provocato la morte di oltre dieci persone, 80 i feriti, secondo l’osservator­io siriano per i diritti umani, che dalla Gran Bretagna cerca di tenere il conto delle vittime del conflitto (Afp Photo/ Omar Haj Kadour)
Macerie Le squadre di soccorso siriane tra le macerie di un palazzo bombardato nella notte del 10 aprile nella città di Idlib, roccaforte dei jihadisti, nella Siria nordoccide­ntale. L’esplosione avrebbe provocato la morte di oltre dieci persone, 80 i feriti, secondo l’osservator­io siriano per i diritti umani, che dalla Gran Bretagna cerca di tenere il conto delle vittime del conflitto (Afp Photo/ Omar Haj Kadour)
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