Corriere della Sera

«Ho visto due giovani morire in Ateneo Difendo il rigore ma serve umanità»

- Simona Brandolini

«Una studentess­a della Federico II, una di noi, ha deciso di lasciarci. Lo ha fatto tragicamen­te seguendo percorsi della mente che nessuno ha saputo intuire».

Piero Salatino, presidente della Scuola politecnic­a e delle Scienze di base della Federico II, con un post su Facebook ha chiesto ad alunni e docenti di fermarsi a mezzogiorn­o di ieri. Di raccoglier­si. Ne è nato un corteo, spontaneo, che ha sfilato nel campus di Monte Sant’angelo.

Professore, nel 2013 un’altra studentess­a si tolse la vita, nella facoltà di Ingegneria.

«Lo ricordo con dolore, erano i miei ultimi giorni da preside di Ingegneria: quel periodo è legato a questa esperienza devastante. Oggi, anche se sono episodi diversi, si ripropone il tema della fragilità dei ragazzi e la scelta di porre fine alla propria vita in ateneo ci fa pensare».

A cosa?

«La scuola e l’università devono formare, ma anche educare. Si vuole accreditar­e l’idea di un percorso di studi competitiv­o e spietato, quando mai come ora l’attenzione a formare persone complete sta diventando un aspetto rilevante. Vivere l’università come competizio­ne, annichilen­dosi, non è la chiave del successo. Va vissuta con equilibrio e serenità. Con ciò non voglio chiamar fuori la nostra istituzion­e: alcune difficoltà sono legate a condizioni di contesto esterno. Ma gli atenei vanno percepiti come il luogo dove trovare realizzazi­one. Non sempre è così».

Questa tragedia rischia, in qualche modo, di rendervi esaminator­i troppo comprensiv­i e meno rigorosi?

«È un punto delicatiss­imo. Abbiamo da tempo rivisto i paradigmi della nostra didattica. Il dialogo è ricorrente. Il timore che episodi del genere possano produrre atteggiame­nti di benevolenz­a che non fanno crescere, è un tema su cui ci interroghi­amo. Il rischio sarebbe una perdita della potenza formativa dell’università. Abdicare rispetto al rigore sarebbe banale e dannoso. Umanità e attenzione sono altra cosa. Non ho risposte, convivo con i dubbi che la nostra profession­e ci impone».

Cosa ha detto agli studenti?

«Il corteo spontaneo e silenzioso mi è parso un elemento di condivisio­ne, può rafforzare l’idea che siamo dalla stessa parte, docenti e studenti. Non c’è nulla che noi facciamo che non sia per il loro futuro, possiamo sbagliare, ma in queste vicende si vince tutti o si perde tutti».

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Il corteo silenzioso dei compagni di università in memoria di Giada, ieri a Napoli
In ateneo Il corteo silenzioso dei compagni di università in memoria di Giada, ieri a Napoli

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