I DATI DEI SERVIZI SEGRETI UNA TRACCIA PER IL GOVERNO
Il futuro del Paese Nella relazione per il Parlamento ci sono spunti utili per il programma: da affrontare anche bassa natalità e sviluppo, non soltanto il terrorismo
Gli autori del programma del prossimo governo, al momento ignoti perfino a se stessi, farebbero bene a usare come traccia per il proprio lavoro il capitolo di un testo dei servizi segreti. Si tratta della parte che riguarda le «minacce al sistema-paese» nell’ultima «Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza», scritta come ogni anno per il Parlamento.
Nei resoconti di giornali e tv su quel rapporto sono rimasti in ombra versanti della realtà né criptati né occulti, se non per quanti nell’attribuirsi di fare politica confondono questa con la mera propaganda. L’attenzione si è concentrata sugli aspetti del documento dei servizi più associabili nell’immaginario di tanti al lavoro delle spie: lotta al terrorismo, al crimine organizzato, alle incursioni in Rete. Ma nelle 128 pagine del testo ci sono anche valutazioni sullo stato della nostra società e della nostra economia che meritano non minore preoccupazione.
Due in particolare sono i fenomeni negativi che troppi si ostinano a non vedere: la società italiana risente di una «sensibile riduzione della natalità» e di un «aumento della diseguaglianza economica». Elaborata sulla base delle analisi delle agenzie informazioni e sicurezza esterna (Aise) e interna (Aisi), e del Dipartimento Dis che ne coordina le ricerche informative, la relazione li indica tra i problemi da non trascurare.
I servizi segreti constatano che nel 2017, malgrado la ripresa globale, si è avvertito in Italia il peso di una crescita dei salari «contenuta». Che «l’esposizione debitoria diretta dello Stato continua a rappresentare un fattore di relativa vulnerabilità». Che altri punti fragili del nostro sistema consistono in un incremento della produttività «tuttora debole» rispetto a concorrenti stranieri, nell’«alta evasione tributaria», in una «carenza di capitale umano» dotato dei gradi di formazione necessari per competere con efficacia a livello internazionale.
L’italia ne viene fuori come «un Paese in ripresa, ma ancora provato nel suo tessuto
Fragilità Produttività debole, evasione fiscale, debito pubblico, capitale umano poco formato
economico-produttivo e relativamente vulnerabile su diversi fronti». Che siano i servizi segreti a farlo presente non significa che svelino enigmi: è una prova che questi fattori influiscono già o potranno influire sulla nostra sicurezza. Che alcune diagnosi sulla nostra società e l’andamento dell’economia fornite nella relazione assomiglino a quelle tratteggiate da sindacati, o da centri sociali, e che determinate interpretazioni coincidano con quelle di gruppi finanziari o combacino con considerazioni di voci della Chiesa, è un segno del realismo degli analisti.
Alle autorità tenute a prendere decisioni politiche, i ser- vizi devono saper riferire anche le verità scomode. Negli anni 80 fu il Kgb, nefasto per il resto della sua attività, a far percepire prima a Yuri Andropov e poi a Michail Gorbaciov che l’unione Sovietica poteva essere prossima al crollo. L’italia di oggi non è altrettanto corrosa, tuttavia il rapporto inviato al Parlamento in febbraio è, in modo analogo, il frutto di un lavoro di rami dello Stato che hanno funzioni di antenne, tenute a percepire quali sono per un Paese i rischi nascosti e non.
È in questo contesto, tra l’altro, che viene notata dai servizi «la maggiore permeabilità di alcune aziende nazionali — di rilevanza strategica o ad alto contenuto tecnologico — rispetto a manovre esterne indirizzate ad acquisirne il controllo». La relazione segnala che acquirenti stranieri, talvolta, per impadronirsi di un’azienda si avvalgono di «esautoramento o avvicendamento preordinato di manager e tecnici italiani». Scopo di determinati ingressi in azionariati è copiare tecnologie avanzate, obiettivo perseguito anche attraverso «ingerenze di carattere spionistico per l’acquisizione indebita di dati sensibili».
Sono dati di fatto. A leggerli sembrano almeno un pezzo dell’agenda sulla quale le forze politiche si sarebbero dovute concentrare, in campagna elettorale, per dire agli italiani come avrebbero garantito un ruolo solido al Paese in un mondo nel quale «l’unica certezza è divenuta l’incertezza».
Non è rassicurante che, troppo spesso, le varie formazioni parlino di altro. La stesura del programma di governo dovrebbe essere un’occasione per rimediare.