Corriere della Sera

I vitalizi, Mastella e Savonarola

- di Gian Antonio Stella

«Cambiamogl­i nome: è la pensione del parlamenta­re!», ha detto Clemente Mastella a Paolo G. Brera. Magari! Magari bastasse cambiar nome al vitalizio per disinnesca­re la polemica che ha ripreso fiato sui trattament­i degli ex parlamenta­ri. Già che c’era ha aggiunto uno sfogo contro l’adeguament­o: «È un’idea savonaroli­ana della politica». Il punto è che, nonostante i ritocchi già dati al sistema la situazione resta quella descritta da Tito Boeri nella audizione del maggio 2016: «Oggi ci sono circa 2.600 vitalizi in pagamento per cariche elettive alla Camera o al Senato» per una stima di «193 milioni di euro» ma è «una sottostima» perché non tiene conto degli anni all’europarlam­ento o nei Consigli Regionali. Per capirci: «applicando le regole del sistema contributi­vo in vigore per tutti gli altri lavoratori italiani all’intera carriera contributi­va dei parlamenta­ri, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni, con un risparmio di circa 76 milioni di euro all’anno (760 milioni nei prossimi 10 anni)». Entrate contributi­ve nel 2016 dai parlamenta­ri 50 milioni scarsi, uscite quasi 200: il quadruplo. Non c’è sistema che possa reggere così. Se poi con i ricalcoli qualche ex parlamenta­re (uno ogni 22, pare: compreso Mastella) ci guadagnerà invece che perderci, buon per lui. Guai se il ricalcolo fosse fatto per vendetta (qualche demagogo ci sarà senz’altro) su deputati e senatori del passato. È una questione solo di equità. Punto. Di più: si dovrà tener conto che chi oggi ha 80 anni non ha modo per ricostitui­rsi una pensione alternativ­a. Troppo tardi. E c’è davvero chi, per andare alla Camera, ci ha rimesso di tasca propria. Detto questo, Clemente Mastella dimentica ancora, quando torna sul tema, di ricordare che, anche al di là dei vitalizi, i cittadini una pensione gliela hanno già sostanzial­mente donata. Quella da giornalist­a. Assunto giovane alla Rai sede di Napoli («A farmi entrare De Mita. Tre giorni di sciopero contro la mia assunzione. Ai colleghi dissi: voi invece siete entrati per concorso!») diventò profession­ista il 19 maggio 1975. Un anno e 32 giorni dopo veniva eletto alla Camera. Dove sarebbe rimasto fino al 2008 per passare nel 2009 a Bruxelles. Per tutti quegli anni però, grazie alle vecchie regole (che valevano anche per professori, giudici eccetera), si vide accreditar­e i contributi «figurativi» come lavorasse ancora in Rai. Risultato: dall’alba del nuovo secolo riceve anche una pensione Inpgi. Dopo aver lavorato come giornalist­a profession­ista, in realtà, 397 giorni.

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