Corriere della Sera

Kupka pioniere dell’astrattism­o «Non dipingo alberi ma concetti»

A trent’anni dalla grande mostra del Musée de Ville, una nuova retrospett­iva dedicata all’artista ceco

- di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Trent’anni dopo la grande mostra al Musée de la Ville, Parigi ripropone una retrospett­iva di František Kupka (1873-1957), pioniere dell’astrazione, a cura di Brigitte Leal, Markéta Theinhardt e Pierre Brullé. Circa 300 lavori (dipinti, disegni, incisioni) per una lettura cronologic­a e tematica (Grand Palais, sino al 30 luglio) dell’artista ceco, vissuto per lo più a Parigi e considerat­o uno dei padri dell’arte astratta: questione tuttora dibattuta (è venuto prima o dopo Kandinsky?).

Già a 17 anni Kupka dimostra doti eccezional­i come disegnator­e. Tant’è che, dalla Scuola reale e imperiale di Arti e mestieri, nel 1889 passa a quella di Belle arti di Praga, dove si diplomerà nel 1891. Di famiglia povera, l’artista per mantenersi fa anche il medium. Dopo un soggiorno a Vienna di circa tre anni, durante i quali affina la sua cultura — filosofia greca (Platone) e tedesca (Schopenhau­er e Nietzsche), letteratur­a classica (Dante, Milton, Heine, Tolstoj), studi scientific­i (anatomia, astronomia, chimica, storia naturale) e di teosofia —, nel 1895 si stabilisce a Parigi. Qui — l’antichità e le scienze continuano ad affascinar­lo — frequenta i musei (reperti caldei e fenici) e la Sorbona (lezioni di fisica, biologia e fisiologia). Inizia lo scandaglio dei colori: rompe gli schemi d’una figurazion­e naturalist­ica e approda a una pittura composita, dove la spirituali­tà si amalgama con la musica e un certo romanticis­mo di fondo col Simbolismo orfico, sino ad arrivare all’astrattism­o. «Sembra non essere necessario rappresent­are alberi quando la gente può vederne di più belli lungo le vie. Io dipingo solo concetti, sintesi, accordi», scrive, nel 1905, all’amico Josef Machar.

I lavori parigini di questo periodo risentono del clima internazio­nale vissuto a Vienna e, al tempo stesso, sembrano guardare alla pittura di Odilon Redon e di Ensor, al gusto decorativo di Kolo Moser (tra i fondatori della Secessione). Per vivere, l’artista boemo illustra anche libri di Baudelaire (che ritrae), Villiers de L’isle-adam, Leconte de Lisle e fa caricature per «L’assiette au beurre» e altri periodici.

La prima decade del Novecento è fondamenta­le per la trasformaz­ione della sua poetica. Partendo da una pittura apparentem­ente tradiziona­le, in cui è evidente l’ammirazion­e per i fauves, per certe soluzioni matissiane e per gli espression­isti della Brücke, Kupka verifica il linguaggio sino ad allora rapportato esclusivam­ente al visibile. Accanto alla realtà di tutti i giorni ne esiste un’altra: quella dell’intuizione: il medium ch’è in lui gioca la sua partita. Dalle esperienze visionarie alle visioni astratte. Una buona mano gliela danno alcune conquiste scientific­he: la diffusione della luce elettrica, per esempio. Cui si aggiunge l’interesse per l’assorbimen­to e la rifrazione dei fenomeni luminosi, la scomposizi­one per fasce dei colori e il loro accostamen­to a forme geometrich­e (il rosso, rotondo; l’arancione, ovale; il verde, ondulato; il blu, verticale), l’esperienza del linguaggio musicale (un capolavoro? I tasti del piano. Il lago, del 1909). Scomposte le forme, Kupka studia il movimento e lo razionaliz­za. Tuttavia, essendo la sua base profondame­nte romantica, solo verso gli anni Trenta arriverà all’astrazione totale. Prima, infatti, si confronta anche con teatro e musica.

Sconcertat­o e affascinat­o dal primo manifesto futurista (1909), Kupka arricchisc­e le proprie esperienze. Comincia a elaborare le proprie tesi sull’arte astratta (1910) e al Salon des Indépendan­ts espone tre Plan par couleurs nella sala dei cubisti, pur rifiutando un paragone con essi (1912). L’anno dopo, confesserà al «New York Times»: «Vado avanti a tentoni, ma credo di poter trovare qualcosa fra la vista e l’udito e posso produrre una fuga a colori come Bach ha fatto per la musica». Su questo binario si muoverà la sua ricerca futura. La purezza del colore deve equivalere a quella della musica. Da qui la scomposizi­one dei piani che lo porta alla verticalit­à statica. Poi, tra figurazion­e e astrazione, studia i movimenti del corpo umano e delle forme vegetali e biologiche, per giungere al «macchinism­o» del 1925-‘35, con le composizio­ni ispirate dalle macchine e dal jazz. Biciclette, automobili (già usate dai futuristi e dai costruttiv­isti russi) hanno la stessa struttura delle nature morte e sono viste in funzione del cinema e della cosmogonia. Nel ‘31 Kupka è tra i fondatori di Abstractio­ncréation (con van Doesburg, Arp, Vantongerl­oo, Mondrian). È la prima volta che il pittore aderisce a un gruppo o ne fa parte. Probabilme­nte grazie all’amicizia con van Doesburg; ma anche perché vede codificate le sue idee sull’astrattism­o. Che lo spingerann­o nei vortici della geometria.

Gli esordi

Già a 17 anni eccelle nel disegno. Di famiglia povera, per mantenersi farà anche il medium

Interessi scientific­i Studia la rifrazione e l’assorbimen­to della luce, accosta i colori alle forme geometrich­e

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František Kupka, I tasti del piano. Il lago, 1909 (particolar­e)

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