Spartiti
Il compositore Carlo Boccadoro in «12» (edito da Sem) racconta dischi capitali ripescando anche memorie personali Ascoltate, signori: tutto fa musica, tutto è musica
Uno dei meriti di Carlo Boccadoro, compositore e uno dei fondatori dell’ensemble Sentieri Selvaggi, è quello, piuttosto raro nell’ambito di chi opera nella musica contemporanea, di avere un’apertura e una curiosità assolute nei confronti del sonoro possibile, senza distinzione gerarchica alcuna. Lo riconferma con forza nel suo libro 12. Storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita edito da Sem. Nelle 200 pagine e più incontrerete Yoko Ono e Prince, ma anche Karlheinz Stockhausen, Luciano Berio (che definiva Arvo Pärt un «Vivaldi in frigorifero») e l’amato John Cage. Ci sono anche diverse scoperte, anche per chi è abituale frequentatore delle faccende musicali, come quella legata alle avventure di Jim Nollman, che sconfinando nell’etologia (e qui la memoria corre subito a quel capolavoro che è il libro Il paesaggio sonoro di Murray Schafer), fa musica con gli animali, tra tacchini e orche.
Universi, questi, distanti fra loro, certamente, ma appoggiati sullo stesso tavolo da Boccadoro, quasi a dimostrare che l’arte in fondo la puoi trovare anche laddove non la si attende. Attraverso 12 dischi, che diventano calamita di memorie e ricordi, Bocca- doro, passo dopo passo, racconta al lettore anche una parte della sua vita, dalla frequentazione quasi quotidiana dello storico negozio di dischi milanese di via Lomellina, dove il signor Lele assecondava con serafica calma le sue richieste più bizzarre, fino alla visita a casa di Philip Glass, passando per gli studi di percussione al Conservatorio di Milano, dove — scrive ironicamente l’autore — «non eri lì per suonare, eri lì per contare le battute vuote che passavano tra un intervento dei timpani e l’altro».