Lo spettacolo in cui ognuno decide quali attori seguire
C’è una porta, una volta superata la quale, proprio come accadeva ad Alice, si entra in un altro mondo. Ma quello in cui ti catapulta Roseline, non è un paese delle meraviglie. Non in senso stretto, almeno. È un palazzo di 3.500 metri quadrati sospesi in una dimensione diversa, in cui si rincorrono stanze e corridoi, rifugi e nascondigli dove una comunità di senzatetto ha ricreato una società indipendente.
Il mondo esterno resta fuori da questo edificio abbandonato del centro di Milano, in cui Paolo Sacerdoti — classe 1994, formazione doppia: da una parte gli studi scientifici al Politecnico, dall’altra quella teatrale, con i diplomi allo Strasberg di New York e a Yale — ha dato vita a quello che, partito come «un progettino da fare a casa di amici», è diventato un imponente dramagate in scena da sabato a Palazzo Calchi Taeggi.
«Forse, in Italia, dal teatro non ci si aspetta la ricerca che ormai è richiesta alle serie tv», spiega seduto su una poltrona sgualcita di quel piccolo universo di cui è il demiurgo. «Roseline nasce dall’idea di esplorare territori nuovi». Il risultato è una coraggiosa fusione fra il teatro immersivo e quello tradizionale (per il peso che ha la narrazione), con l’aggiunta dell’esperienza di scoperta delle «escape room», in cui ognuno decide dove andare, che personaggio seguire, per quanto tempo farlo.
Ogni passo, però, è una scelta, in questo Truman Show dove lo spettatore entra in un mondo e ne diventa una spia: «Il pubblico entra a gruppi (cento alla volta: all’ingresso ognuno riceve un mantello con cappuccio, ndr) e gli undici attori stanno già vivendo la loro vita. Ci si ritrova